La Battaglia di Svevia – Blumosso

Apprezzo molto artisti come Blumosso (pseudonimo di Simone Perrone) che nel bucolico microcosmo musicale indipendente preferiscono prendersi del tempo, rallentare ed ascoltarsi, comunicando attraverso la propria arte uno stato d’animo, un’emozione, qualcosa che solo attraverso la musica può essere raccontato. Un approccio genuino, forse anacronistico e nostalgico, ma proprio per questo motivo schietto e sincero, specie in un presente ove la musica è liquida, la visibilità ed il successo si basano su like, condivisioni o playlist generate da qualche algoritmo. Blumosso era già passato da queste parti nel 2018 con il suo debutto In un Baule di Personalità Multiple (leggi recensione), facendo trascorrere ben cinque anni (se si eccettua l’EP del 2020 Conseguenze) per il seguito sulla lunga distanza La Battaglia di Svevia, in uscita per Luppolo Dischi.

Blumosso - La Battaglia di SveviaUn lavoro che si snoda in 10 tracce dall’agrodolce sapore della riflessione e dell’introspezione, in un processo che parte da lontano, dalle origini salentine di Blumosso, ma che si cristallizza con il quotidiano, con il costante confronto con la realtà, ma anche con un passato che ritorna sotto forma di fugaci pensieri, di reminiscenze di profumi, suoni, sensazioni che parevano sopite nell’infanzia. Il titolo La Battaglia di Svevia deriva proprio da un ricordo della tenera ed innocente età, quando un capriccioso Simone faceva arrabbiare il nonno, che s’inventò la fantomatica battaglia di Svevia come intelligente pretesto per calmare la vivacità del piccolo nipotino. E ci riusciva! Già questo breve aneddoto, fa comprendere la sensibilità  di un artista, che oggi adulto, non rifugge dal proprio passato, ma ci ritorna volentieri, come fosse un riparo sicuro, un porto dove si ha sempre la sicurezza di attraccare.

“Ho usato la scrittura per frenare i mostri che avevo dentro” Blumosso 

E’ un songwriting piuttosto avveduto quello di Blumosso, elegante e posato nella stesura e nella melodia. Gli arrangiamenti (curati dallo stesso Simone Perrone in collaborazione con Matteo “Bemolle” De Benedittis) sono lineari, all’insegna di tastiere dal vago retrogusto Eighties (vedasi l’arrembante Dall’inizio alla fine o il dolce cullarsi “battitiano” di Gelsi), con approcci di chitarra che non disdegnano il minimalismo acustico, mentre la ritmica è sempre sostenuta, specie nella prima parte del disco. Tuttavia, sono i testi a farla da padrone, sin dalla traccia iniziale Come in un film porno che senza cercare i proseliti di un hype usa&getta, si ripropone di vivisezionare l’uomo moderno con grande lucidità e con sprazzi a riferimenti personali. La stessa title-track o la delicata Al bar del corso (con una languida tromba suonata da Gabriele Blandini), o ancora  La festa del Paese, sono brani intrisi di ricordi ed emozioni del passato, filtrate dall’esperienze dell’artista adulto e sensibile. Il minimalismo di Orbite (con uno dei più bei chorus del disco: “Vorrei strapparti gli occhi dalle orbite e metterli al posto dei miei, per vedere il mondo come lo vedi tu”) accompagnato dal caldo mandolino suonato da Roberto Mangialardo (La Municipál) sono tra i momenti più intensi del disco, assieme alla nostalgia di Un posto dove ti sorriderò, nel quale la caleidoscopica magia dei synth ci porta indietro fin quasi agli albori degli anni Ottanta. Cantato in francese, Le temps qui va (con Flavio Paglialunga), si dilata nello spazio grazie ad un arrangiamento acustico quasi onirico, mentre la deliziosa poetica di Labbra (con Alberto Manco alle percussioni e Raf Qu alla chitarra elettrica) chiude il disco con toccanti rintocchi di pianoforte a sorreggere la voce limpida e composta di Blumosso.

La Battaglia di Svevia è quindi un disco intimo, che nel conforto con il passato trova nuovi stimoli per il futuro, senza lasciarsi sommergere dalla nostalgia lascia aperto un lumicino per la speranza. Questo indugiare nel passato è in realtà fonte di nuovo entusiasmo, di una nuova endemica energia, che Blumosso descrive con queste parole: fino a un certo punto del mio percorso ho mantenuto il passo coi tempi, poi capendo meglio me stesso, ho compreso che l’arte necessita di tempo per venir fuori e ho rallentato, provando ad ascoltarmi, con sincerità”.
Ed in fondo, la bellezza di questo disco sta proprio qui.!

 

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recensito da Poisonheart

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