Kill Rock Stars: attenti perchè noi siamo le Riot Grrrls!

Nel nord-ovest d’America nei primi anni novanta non c’era solo il ruvido grunge della Sub Pop o il gaio lo-fi della K-Records, e se dobbiamo dare il merito a qualcuno dell’esplosione del movimento riot-grrrl, certamente questo spetta alla Kill Rock Stars di Slim Moon e Tinuviel Sampson.
Con base a Olympia e Portland, la piccola label nata nel 1991, sfruttò quanto seminato bene nella fine degli anni ottanta dalla scena indipendente locale (inizialmente promossa da Sub Pop su cassetta), occupandosi inizialmente di quella seconda ondata alternativa che non era ancora passata sotto le grinfie delle affamate major e che in pochi mesi avrebbero saccheggiato Seattle e dintorni.

Kill Rock StarsCome spesso ci ha insegnato la storia delle etichette indipendenti, l’esigenza di produrre e distribuire la musica dei propri amici e conoscenti portò ben presto la label a confrontarsi con una scena locale sempre viva di spunti, e nel caso della Kill Rock Stars di spalleggiare il movimento femminista o le forti contestazioni contro la guerra del Golfo.
Lo spoken-word si prestava molto a veicolare tali intenti (ma anche come risposta bianca all’ascesa del rap newyorkese), la prima uscita Kill Rock Stars fu proprio un 7″ parlato, Wordcore diviso tra Kathleen Hanna (“Kurt smells like teen spirits“, vi dice niente?) e Silm Moon; ma fu con lo spirito indipendent dell’International Pop Underground Convention dell’agosto del 1991 (ove alcune band riot grrrl esordirono) che la Kill Rock Stars colse le maggiori soddisfazioni. La compilation omonima (Kill Rock Stars,1991) rimane uno dei pochi contributi autentici di quell’estate, nonché un discreto successo per la label, che ospitò in un unico Lp il meglio della scena: dai Nirvana ai Melvins, passando per le Bikini Kill e le Bratmobile.
Il mBikini Kill Epovimento riot grrrl aveva così colto quell’ufficialità necessaria per essere presa in considerazione come genere vero e proprio, e grazie a personaggi illustri come Kim Gordon che non solo lo appoggiava incondizionatamente, traendone pure ispirazione per progetti paralleli (vedi le Free Kitten) ma anche come spinta per riconsiderare il proprio ruolo nella band (l’album Goo dei Sonic Youth del 1991, la vede protagonista in quasi tutti i brani).
Le release riot-grrrl per Kill Rock Stars coinvolsero tutte le uscite delle Bikini Kill di Kathleen Hanna, compreso il monumentale omonimo ep d’esordio (Bikini Kill, 1992) e il portentoso Pussy Whipped (1993); e dei primi lavori delle Bratmobile, che con The Real Janelle (1994) segnarono il loro piccolo apice compositivo; la label di Slim Moon toccarono anche il Regno Unito con le Huggy Bear, che divisero lo split Yeah Yeah Yeah Yeah (1993) proprio con le Bikini Kill.

La forte centralità alla scena divenne il tratto distintivo della Kill Rock Stars, che tramite la piccola Chainsaw Records (fondata dalla chitarrista Donna Dreasch leader delle Team Dreasch, di Portland) riuscì a produrre il capolavoro del 1997 delle Sleater-Kinney, Dig me Out, che catalizzò nuovamente l’attenzione del mainstream verso la musica di Olympia. Parallelamente, anche se con meno enfasi, l’etichetta uscì con Either/Or (1997) di Elliott Smith, ad oggi ritenuto all’unanimità uno dei suoi più grandi capolavori di chitarra e voce (alla stregua di Roman Candle del 1994, sempre su Kill Rock Stars); mentre nelle vicende più recenti della label si annoverano scoperte interessanti come gli amati/odiati Gossip di Beth Ditto (fino al passaggio su major del 2009), o il folk sofisticato dei primi The Decemberist.
L’addio alle scene del fondatore Slim Moon (verso la Nonesuch Records), non ha portato grandi scossoni in casa Rock Kill Stars, anche perché la gestione è rimasta alla moglie di quest’ultimo, Portia Sabin, che prosegue nella salvaguardia della scena locale (ma non solo) aprendosi notevolmente verso sonorità meno indie, quali il rap e l’elettro pop.

Kill Rock Stars sito ufficiale

La Firma: Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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