Karaoke – Ronny Taylor

L’etimologia della parola Karaoke, termine giapponese nato intorno agli anni ’70, è composta da kara (vuoto) e oke (orchestra); quindi letteralmente karaoke vuol dire “senza orchestra“. Chiaro?! I Ronny Taylor invece decidono di metterci solo gli strumenti e di dimenticare le parole. Questa non ve l’aspettavate, vero?!
Nati nel torinese nel 2010, i Ronny Taylor mostrano una spiccata abilità nella ricerca di suoni e di armonie che si discostino non solo dal rock nostrano, ma anche dalla musica alternativa in generale. Gli spunti sono molteplici (non avendo voglia di fare troppi nomi altisonanti rimango sul vago): dal caleidoscopico prog inglese all’indie americano marchiato pitchfork, passando per manierismi di stile e decori barocchi dati da effetti e synth spesso dall’accento ipnotico.

karaoke - ronny taylorIspirati agli esordi dalla musica alternativa e strumentale statunitense (Mars Volta in primis, a detta anche degli stessi Ronny Taylor), Mario Rossi (percussioni), Paolo Brondolo (basso), Giuseppe Franco (chitarra) e Zevi Xavier Bordovach (tasti) creano con questo secondo disco (prodotto da Calista Records) una giusta amalgama entro il quale “ognuno” potenzialmente può metterci le parole. Karaoke per questo motivo diventa un prodotto originale, in questa sua rovescia complessità.
La seziona ritmica spesso si presenta solida e gratica proprio perchè costretta a sorreggere tutto quello che chitarra e synth creano, tuttavia i cambi di tempo e velocità rendono gli otto brani di Karaoke dinamici e curiosi da ascoltare. Sono apprezzabili le soluzioni melodiche addottate, l’alchimia dei suoni e delle singole componenti; i Ronny Taylor inoltre sono abili a non gettarsi in esercizi virtuosi o in grattacapi musicali, fedeli all’etica indipendente sanno tessere brani a presa diretta, vagamente sofisticati, ma capaci di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore medio.
Midnight Karaoke è, a mio parere, uno dei brani migliori del disco proprio perchè capace in tutti i suoi quasi 11 minuti, di cambiare pelle e passo: se alle prime batture il brano si presenta come un art-rock curato e contemplativo grazie a riffs di sei corde ricchi di echi e delay, man mano che passano i secondi le distorsioni guadagnano terreno accentuando una tensione che basso e batteria sanno dosare con grande precisione. A metà del brano i Ronny Taylor virano senza strappi verso lidi più concettuali, con in background effetti e sibili underground, affogati in un placido letto di melodie elettroniche; eppure non soddisfatti un vago sentore anni ’70 (specie in una chitarra quasi townshendiana) pervade nel finale, ove i volumi si alzano e gli effetti synth cadono come neve nel deserto.

Ad ogni modo non tutti i brani presentano tale complessità; l’apertura di La teoria dei 10 secondi è retta da un petulante giro funk di basso che ha il pregio di stamparsi ben presto in testa, lasciando alla sei corde e ai tasti di colorare le melodie più articolate; mentre in Pritish Bop venature porpora (non a caso!) segnano l’andatura di un brano che pare quasi di un’altra epoca.
Carlini (di cui puoi vedere il video ufficiale qui) veste i panni di un progressive anacronistico ripulito dai segni del tempo, ancora una volta i Ronny Taylor sono abili nel cambiare passso a metà brano, conferendo un’aria più fiera ed indipendente. Battute d’organo ipnotiche in Bambini di legno per giocattoli di carne, nel quale il duello tra chitarra e tastiera è avvincente e sempre alla pari; mentre l’aria orientaleggiante in La giornata base del ghepardo appare come la ventata di freschezza di metà disco.
E’ curioso come i Ronny Taylor nonostante l’assenza di parole, siano comunque capaci di raccontare la filosofia dei loro brani: i titoli non sono mai casuali e spesso forniscono gli indizi per decifrare alcune frasi musicali ed alcune scelte stilische nei brani.

Chiudo con la pitagorica Circlepit, squarepit, trianglepit intrisa di un groove sinistro che si concede qualche licenza hardcore nelle prime battute di batteria, per poi tornare sui binari e sul giusto equilibrio che la band ha dimostrato negli altri brani; in Supertanker disaster i Ronny Taylor calano l’ultimo asso vincente, accelerando in intensità verso un brano quasi tribale e primitivo che mostra un’anima sì voltata alla sperimentazione, ma pur sempre onesta e legata all’amore per l’indipendent. Karaoke è un album non proprio convenzionale, nel quale i ragionamenti si sprecano, ma proprio per questo va ascoltato senza pre-concetti e senza troppi riferimenti: solo così facendo, le sfumature che i Ronny Taylor hanno disseminato nel disco possono essere colte naturalmente.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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