Just another Lucky Start – Luck,Now

I Luck,Now (nessun spazio dopo la virgola) vengono da Mantova ed inondano le nebbiose pianure della bassa con un rock-pop arrembante da scantinato in pieno stile americano: Just another Lucky Start paventa così una rinascita anni novanta nelle sonorità, mantenendo tuttavia un approccio attuale e frizzante.
Giulio Gobbati (Telecaster), Matteo Manganelli (basso), Francesco Righetti (SG) e Andrea Vicky Grazioli (batteria) esordiscono con cinque brani orecchiabili, di facile presa, vagamente bubblegum, nel quale ritmica e parte solista s’alternano in maniera ordinata, implodendo puntualmente in un ritornello efficace e ballabile.
Pochi artifizi per i Luck,Now, la semplicità molte volte premia, ed il rock-punk americano a cui s’ispirano senza troppo pudore suona semplice, mai troppo articolato (nemmeno quando sprazzi synth appaiono e scompaiono), spensierato e sorridente nella sua parabola overdrive. La struttura dei brani non è mai pretenziosa, anzi, versi ben sostenuti che creano un terreno fertile per ritornelli ove, quasi involontariamente, ci si ritrova a canticchiarli sovrappensiero. Sono le velocità del punk ed il ritmo sostenuto della parte ritmica le premure maggiori per i Luck,Now, che tuttavia non disdegnano nemmeno discreti testi perfetti per essere urlati in coro.

Just another lucky star - Luck,Now23d Floor apre con un motivetto molto simpatico per poi stazionare nell’universo rock-pop con qualche incursione verso una distorsione crunch molto leggera, ed una corposa sezione ritmica che non si prende mai troppe libertà. Un brano molto lineare, i cambi di velocità sono essenziali (forse un pochino prevedibili) e mantengono la logica del verse-chorus-verse senza calcare troppo sulle differenze di volumi.
Il bubblegum di August ricorda le incursioni meno one-two-three-four dei Ramones, l’approccio molto easy raccoglie consensi, senza entrare nel pericoloso confine con l’emulazione: Weezer, Green Day sono stati senza dubbio motivo d’ispirazione, ma le analogie finiscono ben presto.
Più complesso nella sua struttura è P.a.l.s (ed anche il brano con la resa maggiore), nel quale i Luck,Now sembrano strizzare l’occhio all’indipendent più ricettivo ma sempre con una buona dose d’influenza anni novanta, vedasi il cantato un po’ disinteressato ed ironico, o il finale in gruppo molto sostenuto.
King of white chips utilizza tutti gli ingredienti del punk-pop-rock, dalla chitarra ritmica che a tratti sorregge tutto il brano, alla seconda voce in background che rende dinamico un brano altrimenti un pò troppo scontato.
Chiudo con 9 to 4, dall’apertura di batteria sempre molto incisiva; anche in questo caso il gioco delle diverse velocità tra verso e chorus sorregge bene il brano: interessante anche l’intramezzo prima dell’ultimo ritornello, ottimo nei live per coinvolgere il pubblico.

Gli anni novanta passano, pure quella musica che molti di noi hanno apprezzato da Mtv, e che oggi suona inesorabilmente un pò datata; i Luck,Now scaldano solo gli strumenti in questo Just another lucky start, e furbescamente non calcano la mano in un long-playing altrimenti troppo monocromatico. Cinque brani ben arrangiati e suonati, un buon omaggio alla musica che dagli scantinati scalava le classifiche Billboards, e che oggi ci appare colpevolemente scontata, nascondendoci la grande rivoluzione delle band che hanno portato alla luce l’underground e le problematiche giovanili della classe media, facendoci innamorare e colorando in maniera indelebile la nostra adolescenza. E questo i Luck,Now nonostante la giovane età, lo hanno capito bene!

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Luck,Now bandcamp

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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