Inward Crawl (ep) – Riccardo Buck

Non potevano essere altro che fiori quelli nella copertina del disco d’esordio di Riccardo Buck, pittore di origini trevigiane la cui predilezione per i soggetti floreali è più di un’esigenza, anzi sembra proprio un tentativo di connettersi completamente con Madre Natura, di tornare a casa. Inward Crawl (uscita autunnale per Pipapop Records) è un breve ep di sette canzoni registrate in analogico ed in solitaria tra la bruma veneziana durante la pandemia. Non cadete nel tranello di pensare all’ennesimo confronto tra artista e cruda realtà, filtrato dalla difficile esperienza del lockdown; le ragioni di Riccardo Buck di intraprendere questa “scappatella” musicale sono ben altre. L’arte è manifestazione, in qualsiasi forma si presenti, ed in questo caso Buck prova ad indagare con la sole voce e chitarra sullo spessore delle sensazioni, sull’enfasi dei sentimenti filtrati attraverso un coatto periodo di solitudine, dimostrando che il tempo per pensare e meditare sulle nostre esistenze non è mai abbastanza.

Riccardo Buck - Inward CrawlPotrebbe risultare poco significativo trovare corrispondenze con l’indie-folk d’oltreoceano (pensare allo spirito di Elliott Smith non è peccato!) a cui sembrano mimare le sette tracce di Inward Crawl. E’ l’approccio asciutto e a tratti distaccato -come narrazione onnisciente, ma indipendente dalle vicende raccontate- a rendere particolare ed evocativo questo disco. Tra mezze filastrocche (The Baby Of The Harbour) e ballate introspettive (Tomorrow Comes Too Soon), Inward Crawl scorre leggiadro, alla ricerca del sapore delle piccole cose, delle increspature del tempo, dell’ibridazione dei sentimenti, dei distacchi o dei ritorni calorosi. Come piccole tessere di un mosaico, è il quadro d’insieme a stupire nella sua armoniosa completezza, mentre le singole, sghembe ed incomplete tracce che lo hanno formato sono solo strumenti per arrivare al fine ultimo. Arrangiamenti di puro istinto melodico (War on Silence), liriche minimaliste che lasciano l’ascoltatore libera interpretazione (Big Fat Smile / Lamb Love o la stessa title-track), armonie che nascono dai pensieri fugaci di una passeggiata (Venice by Night), sono tra gli elementi che risalgono e rimangono in superfice durante l’ascolto di Inward Crawl, che chiude con grande emozione tra gli arpeggi di una dinoccolata e disincantata Worried Boys.

Il folk a bassa fedeltà di Riccardo Buck mostra il suo lato viscerale, la sua natura cruda ed autentica. Senza sovrastrutture ad inspessire e saturare quelle sonorità nate così spontaneamente, Inward Crawl è nudo, sincero e libero; non teme giudizi, non indugia sulle debolezze, non cerca l’approvazione. Un lavoro autentico, in linea con le gesta pittoriche di Riccardo Buck le cui linee sono decise e risolute, trattenendo un’innata malinconia, una poetica del colore e dell’immaginazione che solo una grande sensibilità può donare.

 

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recensito da Poisonheart

 

 

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