Il Gioco della Regina (ep) – Kayseren

Nati nella provincia riminese nel 2013 con una passione/ossesione per la musica di Seattle, i Kayseren decidono ben presto di provare a personalizzare l’intramontabile musica delle camicie a quadri, e così lì troviamo oggi all’esordio con l’ep Il Gioco della Regina. Ispirato dal romanzo di Carroll (ovviamente Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie), i Kayseren percorrono con molto rischio una strada concettuale già battuta da molti; tuttavia hanno la capacità e l’astuzia di ribaltare la storia della giovane biondina e di usarla per comunicare un messaggio molto più intenso ed attuale. Stavolta Alice non è in catene e nemmeno troppo spensierata alla rincorsa di un coniglio bianco, poichè la regina, o il gatto psichedelico o l’ora del thè sono solo metafore che i Kayseren usano per veicolare un disagio che attanaglia una generazione intera: una finta libertà vissuta e confinata entro rigidi controlli mascherati da vizi, di cui tutti noi ignari (ma non troppo) usufruiamo con gaiezza.
Il Gioco della Regina - KayserenAlessandro Leonardi (batteria), Alex Romagna (basso) e Filippo Filippini (chitarra e voce) dosano un quieto cinismo affogandolo in suoni di chitarra ruggenti e sporchi ma che sanno ben dialogare con la componente ritmica che spesso si rende protagonista di buoni fraseggi. Tuttavia i Kayseren sembrano privilegiare alla stessa maniera melodia e testi: ottimi a tenere in equilibrio sia l’energia sprigionata dagli stumenti che la passionalità delle tematiche cantante sempre con compostezza.
Nella tana del bianconiglio si evince subito un piglio dinamico e non strettamente legato alla ruvidezza delle sei o quattro corde o ad un uso spropositato di feedback; è il cantato che mette il giusto accento sulle parole toccando picchi generazionali davvero notevoli come in «Muori distratto all’ombra di un circo, nell’alba d’oro nessun posto per te».
Il Gioco della Regina impersona invece uno j’accuse sibillino contro quei poteri sovrani (di orwelliana memoria oserei dire) onnispresenti nella nostre giornate, ma che tutti sembrano accettare con disarmante debolezza ed abitudine. I Kayseren maneggiano con le giuste pinze la repulsione per tale condizione umana, ed azzardano un parallelo tra letteratura fantastica ed amara realtà, risultando mai banali, nonostante il tema trattato possa far cadere in fallo. A livello musicale assistiamo ad una virata più hard, nonostante un certo debito verso Gossard e Ament sia percettibile in alcune parti, specie nella tessitura chitarra-basso.
In L’ora del thè i Kayseren si confessano in prima persona maggiormente di quanto non avessero fatto prima, virando verso uno stoner martellante che singhiozza per il tempo (il bene più prezioso, secondo il trio) costantemente sacrificato. Le risate nel finale denotano una certa rassegnazione, tuttavia nella traccia nascosta dell’ep, la band cambia registro, mettendo da parte distorsioni e volumi, concentrandosi in un arrangiamento sognante che imprime una marcia inaspettata e che potrebbe aprire nuovi scenati colorati di incenso e porpora.
La buona produzione (Enrico Zavalloni all’Atomic Studio) e delle liriche interessanti, rendono i Kayseren un trio con buoni punti di forza, e nonostante il rischio stilistico corso con Alice, sono stati capaci di confezionare un prodotto originale proponendo un’iconografia che non lo era affatto. Il piacevole rock alternativo, già in questo ep, sembra pian piano mutare e quasi naturalmente discostarsi dall’underground di Seattle, per approdare in una dimensione più personale ed italica;  non potrebbe essere altrimenti: il grunge è morto, Alice è in rehab, mai i Kayseren hanno ancora molto da dire …

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Kayseren bandcamp

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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