Holyphant – Holyphant

Figli del doom sponda Black Sabbath e con una simpatia/inclinazione verso psichedelia e feedback anni novanta, gli Holyphant esordiscono sulla lunga distanza con un omonimo granitico, viscido e graffiante nei ritmi di chitarra e potente dei colpi di batteria.
https://holyphant.bandcamp.com/Esperto e tecnico terzetto veneziano, gli Holyphant nascono verso l’imbrunire del 2013, collezionando demo e brani embrionali intrisi dell’hard-rock annata 1970, ove distorsioni ruggenti si scontravano su di un muro ritmico impenetrabile. La naturale evoluzione porta Bale (voce e chitarra), Mr. Fab (percussioni) Theo (basso) ad esplorare e far propri vagiti lisergici e psych-rock che trovano terreno fertile su di una base musicale che si aggiorna di vent’anni, trovando nel baritono della chitarra uno stoner che svolta ben presto verso un grunge pomposo e mainstream. Tuttavia i riferimenti più fedeli e profondi vengono dai primi ed ispirati Sabbath, sia negli assolo di sei corde, sia nella mimica di un basso pernicioso e gommoso (vedasi l’intro ad esempio di Life Denied, che omaggia la maledetta N.I.B.), addentrandosi in un sentiero pericoloso che a volte rischia la bieca emulazione, senza però cadere mai in fallo.

La musica dei Holyphant mantiene uno spettrale velo di personalizzazione che ben evidenziato nella cupezza eterea del sitar in Halluciantions, trovando un mid-tempo quasi ancestrale e mistico che scivola leggero verso uno pseudo-prog ambientato in universi paralleli e rovesciati. Il carattere psichedelico non si limita a sonorità orientali ed etniche, il terzetto lavora pazientemente ad un sound rotondo e liquido, che in The Shipwrech equilibra distorsioni ruvide ed effetti di phase e wah-wah verso un sostanziale bilanciamento tra melodia lenitiva e dinamica arrembante.
La postura hard&heavy rimane endemica negli Holyphant, dalla immediata A New Omen alla shakerata Beholders of Time (infatuata dai Mother Love Bone in acido?!), toccando l’apice in The Matriarch ove tutte le influenze della band vengono centellinate con acume, trovando una formula magica che possa conciliare potenza ed evasione spirituale. L’ostinazione di far collimare sonorità apparentemente in contrasto, porta gli Holyphant addirittura vicini al baratro nella allucinata Mystical Dimension: un intro di sitar viene demolito ben presto da un blitzkrieg di basso e chitarra, che nella lunga suite di sette minuti si evolve in una metamorfosi occulta ove sorprendentemente un sax trova il proprio placido spazio senza sfigurare. Coraggio e spregiudicatezza evidenziano una buona versatilità di stili e di gusti, confermata anche nella flagellante Forgiveness, nella quale gli Holyphant si dimostrano capaci anche di scrivere una ballata dimessa e toccante. Il disco chiude tra distorsioni pirotecniche e giri di batteria martellanti con la concept-song The Cellar: uno stralunato trip celebrale tra sensazioni, echi, solfeggi evasivi a colorare un manifesto spirituale che trova il perfetto epilogo nell’annunciazione di un «Welcome to my secret place» quasi liberatorio.

Holyphant è un endorfina per lo spirito e la mente, potente nelle dinamiche, estasiante nell’approccio, dimostra un coraggio folle negli arrangiamenti, ma evidenzia senza ombra di dubbio l’originalità di una proposta che vuole rivivere ed omaggiare i seventies con energia e soluzioni estreme e controcorrente.

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Holyphant bandcamp

recensito da Poisonheart

 

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