Groupie – Bluestones

Sonorità di un nostalgico primo scorcio di anni novanta, quelli buoni, quelli arrivati tardi dalle nostre parti: i calabresi Bluestones con il loro secondo lavoro Groupie, in uscita il penultimo giorno del 2017, non fa che rimarcare quella malinconia adolescenziale.
Di stanza a Reggio Calabria, il terzetto nasce nel 2004, ma trova l’equilibrio e la stabilità solo nel 2011 con Roberto Iero e Alessandro Romeo agli strumenti a corda e Vincenzo Cuzzola alle percussioni: sono gli anni dei concerti su e giù per lo stretto, quelli dell’affinare le sonorità o di prendere la materia grunge-stoner e farla propria, allontanandosi progressivamente dai propri idoli. Nel 2014 l’esordio con Born in a different Cloud, lavoro secco e ruvido su cui spicca la “cornelliana” Sick Room, è l’inizio di un percorso di maturità che li porta nell’agosto del 2017 a registrare Groupie in pochi giorni con la supervisione di Alessio Mauro agli LM Recording Studios.

Groupie - BluestonesDistorsioni, power-chords feroci, tonalità baritone pestate con dinamica, ritmica possente nei punti giusti: sono solo alcuni dei facili ingredienti che i Bluestones svelano dopo i primi ascolti di Groupie. Tuttavia, addentrandosi con più coraggio tra le trame sonore, si scopre come il terzetto eviti con grande intelligenza formule già battute, dosando i volumi e resistendo alla tentazione del giochino del lento-veloce-lento che grunge e post-grunge non hanno mai voluto abbandonare: il singolo Worn-out Organism è più di una dichiarazione d’intenti.
Evanescenze di contorno colorano i contorni più in penombra delle 11 tracce che compongono il disco, dalla mite psichedelia via wah-wah, a brevi blitzkrieg metallari (ad esempio i primi giri di Scylla), passando per liquidi arpeggi (vedasi la tagliente Mantide) senza cadere nella trappola della ballads da spiaggia, esagerando con gusto nei momenti più adrenalinici come in Vs (Break the Inertia).
Una sorta di oscurità melodica sembra fare da traino durante l’ascolto del disco, come se influenze non strettamente nineties abbiano contaminato il sound consolidato dei Bluestones, eppure non è un lief-motiv ossessivo, piuttosto una parvenza, una vaghezza che rimane intrappolata nell’orecchio dopo l’ascolto. Interessante nella parte centrale di Groupie la varietà di sonorità che scivolano via, dalla già citata Scylla ed una conturbante metamorfosi con un bel finale strumentale, alla vivacissima Pin-up Groupies nel quale trame rhythm ‘n’ blues dinoccolate spezzano in parte il dominio delle distorsioni. Da citare anche qualche reminiscenza seventies in Slave, prima di approdare alla lunga suite di To Those Who Left Us, ove archi ed arrangiamenti elaborati rendono pomposo ed evocativo il finale soffuso con cui si chiude lp, non escludendo che tali modalità possano trovare spiragli più ampi anche in futuro.

Sotto il segno di un grunge morto e sepolto più di vent’anni fa, i Bluestones si mettono in gioco rispetto al passato, trovando nella giocosità della sperimentazioni buoni elementi da iniettare nel loro sound perfettamente consolidato. Tra vibrazioni psichedeliche e derive adult-rock, in Groupie (bellissima la cover-art curata dell’artista Valeria Conti) convivono forme diverse, ben amalgamate e non esagerate, tenendo sempre alto il vessillo delle distorsioni ruvide, ma con la sottile consapevolezza di porter -a volte o in futuro- farne anche a meno.

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recensito da Poisonheart

 

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