Genetic Surgery Department – Bitterness

Ma a trent’anni non si è troppo in là per esordire? La domanda è ben ponderata, specie perchè in molti -dopo i fasti giovanili- appendono la chitarra al chiodo proprio verso i trenta, per poi riprenderla una decina d’anni dopo (ne ho incontrati parecchi così, GULP!). I Bitterness vengono da Modena e prima di essere una band, sono tre amici di lunga data con la passione per quel underground sporco dei primi anni ’90, ed una certa voglia di sperimentare con le nuove tecnologie digitali. Ah dimenticavo, la carta d’identità dice inesorabilmente trenta!
Genetic Surgery Department è un coraggioso e corposo disco d’esordio, che mette insieme tutto ciò che i Bitterness conoscono: troppo giovani per l’embrionale elettronica anni ’80, ancora adolescenti per il rigurgito grunge, ma maturi abbastanza per capire tutto quello che è venuto dopo, ed oltremodo curiosi per andare a ritroso e cercare con famelica insistenza cosa fu il punk o il prog inglese per quelle generazioni così lontane.
Alessandro Bottura (quattro corde e synth) Furio Ferri (sei corde e voce) e Lucio Grani (percussioni) con un pizzico di presunzione, gettano tutto nel frullatore premendo il tasto start senza tappare il coperchio e fanno così uscire quello che capita, in un disco ricchissimo di armonie e suoni ricercati, ma anche sostanzialmente bilanciato ed equilibrato come la loro lungimirante età segnala.

Bitterness Genetic Surgery DepartmentGenetic Surgery Department e le sue 11 tracce seguono un tortuoso ed escatologico filo conduttore che porta la band ad interrogarsi verso i massimi sistemi di controllo che tutti i giorni invadono la nostra vita. E’ un disco che vuole essere un inno di libertà, un pò come voleva esserlo il punk o il grunge; senza irriverenza o senza alzare troppo il livello di provocazione i Bitterness colgono le giuste istanze e le mettono in musica. Sometimes I Loose Control corre sui binari di una chitarra velocissima e sinistramente distorta che presto si scontra con la tenebrosità di una sezione ritmica cupa e con velleità elettroniche che ne decorano i tratti più ispidi: il risultato è qualcosa di non così convenzionale, che prova a lottare per mantenere i giusti equilibri. Eppure passando alla traccia successiva si assiste ad un cambio di timbro piuttosto marcato: il basso maculato che regge la ballata Sew my Soul è il tratto distintivo del brano, che evade dalle atmosfere grigie ed artificiali dei primi minuti per approdare a sprazzi di luce più armonici.
La successiva Amber ne segue pressochè le stesse orme, mentre My Black Dog sembra estrapolata direttamente da una compilation firmata Sub Pop, sarà forse per quel leggero arpeggio alla Heart-Shaped Box che parte dal sottosuolo per poi esplodere a metà in una distorsione granitica colorata pastello da lampi d’effetti digitali.
Outshined è il brano più coraggioso del disco, che deliberatamente gioca con suoni elettronici e segna il passo verso un rock più elaborato. In Someone New invece i Bitterness presentano un brano confezionato come un potenziale bel singolo, più masticabile ai meno esperti, ma innocentemente ammaliante nella sua struttura da ballata indie metropolitana.

A traccia 8 inizia un’altro disco, come se si trattasse dell’essenza più pura e sperimentale dei Bitterness, la loro logica originalità: Metaphors of War Suite è una mini opera in quattro movimenti nel quale l’elettronica deflagra con irruenza e pareggia i conti con le quattro e sei corde. Se l’overture di Where it all began predice un’apocalisse musicale, la parte I in Bullets si presenta come un cristallino flusso di coscienza nel quale power-chords distorti e scorribande soliste suggeriscono una complessa ma soddisfacente nuova strada da seguire. La parte II in From the Stars stride con quanto sentito poco prima, portandosi musicalmente a ridosso di un industrial elettronico anni ’90: il risultato sembra meno incisivo rispetto alla strada intrapresa nell’overture, ma lo si apprezza solo alla fine quando si apprende con Stand Tall, terzo ed ultimo movimento, che faceva tutto parte del piano della band.
In quest’ultima traccia i Bitterness tornano equilibrati con volumi e densità, il cantato quasi recitato che per tutto il disco ci ha accompagnato, trova accenti nuovi in una ballata quasi cerimoniosa e pomposa ma sostanzialmente in linea con quanto le metafore di guerra suggerivano.
In Genetic Surgery Department c’è molta qualità e conoscenza musicale, c’è equlibrio nelle scelte stilistiche adottate e c’è alchimia tra i tre membri oltre che una buona produzione. Tutte cose che s’imparano strada facendo, tutte cose che s’imparano a trent’anni. Bravi Bitterness.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

 

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