Explicit Play – Funk Anonymous

Che succede nell’entroterra torinese? Beh, a giudicare dalle prime note di questo Explicit Play, direi che una festa lisergica è in corso. In posa come i primissimi, scanzonati Ramones, i poliedrici Funk Anonymous, si presentano alienati, senza identità, pronti ad assumere qualunque forma che li aggrada, mai conformi alle regole (il muro dietro di loro parla chiaro!).
Il funk qui proposto, è sempre stato il figlio bastardo del prog, adottato e poi abbandonato un po’ da tutti nel corso della storia rock: nessuno ci scometterebbe dei soldi: merce non barattabile, fuori mercato! Strana attitudine, encomiabile a tratti, per una band che mescola una varietà musicale piuttosto articolata, camaleontica senza rimanere per forza invischiata dalle proprie trasformazioni, per non dire metamorfosi.
Il pandemonio di questo mini, si avvale di un rock posseduto e schizzato, nel quale chitarra e basso istericamente intonano panegirici di velata estrazione hardcore, e come cavalieri senza identità marciano senza esitazione verso il nemico. Il carattere sovversivo va inteso in una passione ed una grinta tangibili e riconoscibili da un sound che spazia dal metal, per la velocità e la forza d’urto, al grunge, per l’intensità e la ruvidezza, camuffata da melodie calde e ritmate. Per chi non stravede per il funk, come il sottoscritto, ricredersi è d’obbligo; seppur influenzati dai primi smaliziati Chili Peppers, si evince una sfumatura sottile che sfiora pionieri come Gang of Four svuotati dal post punk e, tendono all’infinito, verso band più “sui generis” come Jane’s Addiction e fratelli.

Nonostante ciò, l’apertura è dispotica, nevrotica, Why hate a friend intona un tempo in gravità metal, per poi spiazzare tutti e teletrasportarsi in un complesso, quanto frizzante funk-rock dalle velocità invidiabili: ed un paragone con i melaminici Hüsker Dü è forte e forse fuorviante, ma secondo me alla lunga regge.
Decisamente meno articolata è Anonymous, inno alla De la Rocha in un urban-rock spregiudicato, dalla spina dorsale poco incline ai compromessi. L’esperimento più riuscito si concentra in Tomorrow is today, nel quale convivono pacificamente come una comune multietica, un blues pagano, un rock sofisticato e uno slang pseudo-rap dalle velleità di cantastorie.

Cupo, dalle fogne pop-dub ed artificiosamente elettronico è il parto di Under Your Flesh. Da elogiare il coraggio dei Funk Anonymous che svoltano dalla strada maestra e prendono sentieri sconsigliati ai più timorosi: esperimento riuscito a metà, ma certamente propedeutico. Draftsmen for Chess chiude con un rigurgito rabbioso, privo di vergogna, rapido nei cambi di tempo ed abile nel trasformarsi nel chorus: uno dei brani più adrenalinici del lotto!
Che dire, a volte è piacevole cambiare opinione … un funk come questo merita almeno più di un ascolto, se non altro per capire e decifrare le miriadi di sfumature stumentali, mini-esperimenti celati, che fanno a formare un puzzle armonico e piacevole, pur rimanendo anonimi!

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recensito da Poisonheart
 

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