ElvesLand – Bardass

C’è l’esperienza e c’è l’improvvisazione ispirata di un diavolo come lo era Johnny Thunders nel suo inno alla solitudine Hurt me: chitarra, voce, registrazioni homemade, chissenefrega del resto, ecco a voi Bardass e su questo breve spazio si parla di ElevesLand, vagito disperato ululato all’imbrunire del 2017. Senza etichetta, senza impronte del suo passaggio, forse passerà inosservato ed inascoltato anche agli orecchi più attenti, chissenefrega ripeto: niente indie, niente coito millenials. Nelle vene di questo lo-fi strapazzato e suonato nell’immediatezza dell’attimo, vi giace una passione per la musica viscerale, quella che ritrova nella voglia di comunicare la sua vera natura: primigenio, potente nelle discese di chitarra sporche e registrate “che alla prima take va bene!”.
Se Daniel Jonhston può rappresentare il primo nome che sovviene ascoltando ElvesLand, il parallelo regge fino ad un certo punto; in Bardass non risiede quel mondo fantastico e beatamente infantile del “poeta” di Sacramento, piuttosto aleggia nell’aria una pesante e claustrofobica agonia, un silente grido di rara bellezza, confessato senza troppe remore, poiché genuino e sputato fuori da labbra secche, che hanno assaggiato di tutto. Per questo la prima impressione nell’ascoltare questo disco mi ha portato alla mente il tormentato Thunders, decadente prigioniero dei seventies newyorkesi che aveva aiutato a modellare; eppure in ElvesLand non vi sono tracce di un glam-rock rancido e ridimensionato, piuttosto è la ballata che sale a galla, tra arrangiamenti diretti e spogli di qualsiasi carezza da studio.

Bardass - ElvesLandLa Terra degli Elfi ci ricorda un posto magico e fatato, eppure è nella penombra che si svolge il racconto di un mondo non poi così distante dal nostro, un mondo ove la luce si nasconde, per ricomparire a sprazzi e a brandelli, un mondo pericoloso se non lo si sa comprendere e rispettare. L’arpeggio melancholico di Tales of the Elves introduce ad una filastrocca dinoccolata che trova in un convincente giro di sei corde un’orecchiabilità sensibile e piacevole. Poco importa la pulizia di esecuzione, poco importano precisione e cura nei volumi: il pathos si crea naturalmente, anche attraverso una voce rotta e a tratti stridula. Confinante col Syd Barrett di Opel -per quanto riguarda l’atmosfera onirica di alcuni passaggi-, Bardass è bravo a non dare troppi riferimenti di stile: la criptica e rabbiosa DangerZone è la dirimpettaia scomoda della soffusa Unpredictable, generando uno scambio emotivo e cromatico davvero impressionante. I due minuti e spiccioli della languida Blue Lagoon sono preziosi per intensità e purezza, toccando il miglior momento del disco senza alcuna fatica o alcun artifizio: arpeggi puri e carichi di una bellissima malinconia.
Il prosieguo del disco tocca corde ancora più profonde, dalla selvaggia e gorgheggiante The Labors of Mickey, alle divagazioni huxleyane di Fire!, che senza aggiungere nulla di complicato, regala sonorità liquide e marmoree lungo un tessuto sonoro sempre ispido e dannatamente lo-fi.
La parte finale di ElvesLand regala ancora una manciata di buone ispirazioni, i chiaroscuri di T.S.O mescolano i soliti arpeggi sognanti, con pennate decise di chitarre, mentre il cantato ritorna lontano, avvolto in un turbinio sonoro circolare e a tratti vorticoso. Eppure solo alla fine si scopre che è tutto un sogno: The End of my Dream riprende la nenia iniziale, rallentando ritmi e cantato, quasi fosse un commiato, quasi fosse un arrivederci forzato, lasciando -solo anche mentalmente- la Terra degli Elfi.

ElvesLand è un lavoro personale -a tratti intimo- in cui Bardass offre la propria chitarra e la propria voce al servizio della ballata ispirata e fugace; un lo-fi purissimo che non s’inventa scorciatoie per suonare piacevole o ascoltabile. Le brutture armoniche, la scarsa pulizia del suono, il cantato confuso sono effimeri dettagli lungo un disco che per intensità d’esecuzione batte molti patinati lavori da studio: controcorrente, passionale, disperato esaltatore dell’etica punk … il resto, chissenefrega!

Bardass youtube
Bardass soundcloud 

recensito da Poisonheart

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