Electroshock Serenade – OIL

Dalla Frosinone cantata recentemente anche dalle generazioni musicali più modaiole, nascono e prosperano sin dal 2007 gli OIL, un trio chitarra-basso-batteria il cui rock indipendente corre controcorrente, tornando a quelle infatuazioni anni ’90 (ma anche ’80) in bilico tra sonorità sporche e ballate celestiali.
I singoli componenti vantano una bella esperienza (Federico Pozzi ed Alessandro Grande rispettivamente basso e chitarra hanno fatto parte dei BlueBonnets), che è facilmente apprezzabile nelle dinamiche di un rock pastello, ruvido solo dove serve, emozionale nella sua profondità, ben articolato ed arrangiato senza dover ricorrere a saliscendi di volumi o distorsioni. Se viene spontaneo il parallelo con The National e R.E.M., è anche vero che questo primo indizio scivola via senza troppa memoria dopo il primo ascolto di Electroshock Serenade, secondo ep uscito per Garage Records. La profondità compositiva è uno dei tratti distintivi della musica degli OIL, che in questo lavoro si mette al servizio di un mini-concept diretto e spontaneo, che cerca di indagare sulle meccaniche dell’evasione e di tutte quelle “educazioni”, che dall’infanzia all’età adulta, ne rallentano la liberazione. Un tema che se trattato da degli esordienti potrebbe apparire banale e superficiale, ma che promosso in un ep così maturo e completo, mima ad una condizione umana a cui non è così difficile non riconoscersi almeno una volta nella vita. E’ la routine, quella cieca e folle ricerca di un materialismo quasi naturale, o di un sentimentalismo scolastico, o ancora della tiepida coscienza spirituale che ha perso la propria linfa vitale: tutte componenti che non permettono al singolo individuo adulto di svelarsi per davvero, di aprirsi al mondo, di godere finalmente di ogni prezioso istante della vita.

Electroshock Serenade - OILUn disco da ascoltare con gli occhi aperti, poiché se il rock in ballata degli OIL appare sereno e pulito all’orecchio, nella crosta più dura mostra un velato cinismo ed una sana vena critica, che tuttavia mantiene energia ed eleganza. Contrasti e chiaro-scuri sono evidenti sin dai primi secondi di Carefully, nel quale un basso cupo ed ovattato tuona contro trame di una chitarra pulita e squillante, portando il brano ad un equilibrio zen durante la sua progressiva evoluzione (ottime le percussioni di Massimo Savo), che ricorda le cavalcate stipeiane di Automatic for the People.
In Do-it il tono si fa più confidenziale, mostrando maggiormente quel lato oscuro che si poteva percepire appena nel brano precedente; i ritmi sono più lenti, con la componente baritonale piuttosto marcata: grande carica evocativa nel chorus, con quel senso di sospensione ed echo, che diluisce tutta la tensione in pochi secondi. Se finora gli arrangiamenti hanno mostrato una discreta linearità ed una coesione davvero invidiabile, in Bullet gli OIL cambiano approccio, grazie ad un intro lungo che poi si evolve in una bella ballata sulle parole non dette, nel quale la sezione ritmica fa sentire la propria presenza, senza disdegnare qualche variazione specie nella parte finale. In Rattlesnakes lo sfogo personale chiarisce un bisogno di libertà quasi endemico, così come viene svelata quell’anima blues, che come un’ombra silenziosa ha sempre seguito l’evoluzione del disco; mentre la finale New Escape tira le somme di questi propositi d’evasione, arrendendosi docilmente verso un diplomatico (e forse sommesso) assioma: non è possibile uscire senza prima entrare.

La musica degli OIL ha qualcosa di regale e raffinato (non dissimile dai Wilco o The National), di preciso e pacato, senza relegare la rabbia o l’energia a qualche piccolo sfogo strumentale. Electroshock Serenade è una presa di coscienza forte, poco modaiola, ed estremamente determinata: un ascolto maturo, riflessivo, in cui è possibile per davvero trovare degli spunti interessanti per pianificare una fuga liberatoria da tutto questo caos materialista.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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