Di(o)scuro – Rudhen

Il doom in italia ha sempre trovato terreno arido e sterile con pochi orecchi attenti, ma grazie ad una nicchia di pubblico ricettivo e nostalgico delle atmosfere claustrofobiche di certi anni novanta americani, il genere ha vissuto fin qui nel sottosuolo tramandato dall’esperienza. I trevigiani Rudhen intraprendono una salita musicale consapevole sin dal 2013, in cui il primo nucleo (Alessandro Groppo, Fabio Torresan e Luca De Gaspari) inizia immediatamente a suonare e comporre la propria idea di musica; successivamente due ep, l’omonimo nel 2014 ed Imago Octopus l’anno successivo (con in mezzo concerti tra Italia ed Europa Continentale), affinano l’amalgama del quartetto che si ritrova nel 2017 a registrare le sette tracce, con il nuovo bassista Davide Lucato, del loro esordio in long-playing, Di(o)scuro.
Di(o)scuro - RudhenL’iconografia comune (e sbagliata!) vede il doom affiancato spesso ad un’idea di metal nordico con testi al limite (?!) del satanismo; il doom dei Rudhen prende l’energia e l’ispirazione dai primi due storici album dei Black Sabbath (chitarra e basso de 14-07-1789 Prise de la Bastille potrebbe essere benissimo una continuazione accellerata di Hand of Doom) e la rielabora con liriche sofisticate e penetranti. Già nell’incipit di Castore (con Polluce nel finale i due “Dioscuri” della mitologia latina) vaneggia un vortice cupo e claustrofobico che si chiude con un verso (di certo non messo lì a caso) del ventiseiesimo canto dantesco: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». Così la ricerca della bellezza e della conoscenza possono anche passare attraverso densi grumi di suono baritono e gutturale, nel quale la ritmica è possente (e quasi opprimente), mentre le dinamiche della sei corde spaziano tra riff acrilici e power-chords granitici. In Magnetic Hole un wah-wah rende spettrale e vagamente lisergico il viaggio musicale dei Rudhen; mentre in Fragile Moon è la tensione cruda di una ballata rotta dalla disperazione a renderne emozionante (e sofferto!) l’ascolto.

Interessante come Carthago Delenda est ripresenti quell’indissolubile legame con il mondo latino (ed il perentorio monito di Catone in «Ceterum censeo Carthaginem esse delendam») ed un parallelo abbastanza diretto con il vissuto quotidiano della società contemporanea: echi psichedelici nella parte centrale del brano invocano la dissoluzione di una cultura corrotta e priva di valori come la nostra, così come i latini vedevano nociva quella della splendente Cartagine, dilaniata nel 146 a.C.
L’accento seventies dei Rudhen man mano che passano i brani diventa una piacevole costante, così anche in My Girls are like Hallucinogenic Frogs è possibile assistere ad una ricerca di soluzioni che sfuggano spesso dalla cupezza di basso e distorsioni, trovando colorati spiragli di luce, tra un cantato rotto e grungy ed arrangiamenti che non disdegnano cambi di tempo e velocità;
chiude Polluce con lo stesso piglio oblivion con cui tutto il disco si era presentato e sviluppato.
Di(o)scuro è un esordio adulto e tematicamente azzeccato (anche grazie ad un convincente abuso di riferimenti latini ed l parallelo con il divenire quotidiano) che pone l’ascoltatore ad interrogarsi sulla dolce deriva di una cultura che progressivamente ha perso i propri valori (anche musicali). Bravi i Rudhen a confutare con grande energia ed intelligenza melodica qualsiasi credenza pagana sulla poca digeribilità del doom e su tante altre dicerie del passato e del presente.

Rudhen facebook
Rudhen bandcamp

recensito da Poisonheart

 

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