Deceit (Ep) – Deceit

DeceitNati dalla parte meno fangosa del fiume Wishkah, e con poco da spartire con il grunge made in Seattle, gli italianissimi Deceit da Varese spremono con vigore la lezione delle camicie in flanella, e reinterpretano con buon piglio quel heavy-rallentato vecchio ormai di due decenni!
Paradossalmente le vicende di questa band si fanno interessanti rievocando i ciottoli di Temple Bar, durante un mini-tour in terra verde d’Irlanda. Evidentemente l’esperienza rinvigorisce i nostri, che abbandonano le cover di Cornell e Staley, buttando giù qualche idea più personale: il risultato è tutto in questo omonimo ep dalle belle speranze.
Sound granitico, virile, potente come uno stoner tirato a lucido, ma decisamente meno cavernoso e cupo: soluzioni più orecchiabili e pulite alla Pearl Jam per così dire, lasciando fuori dalla porta diatribe e vecchie incomprensioni.

Viscerali, vere e proprie bestie da palcoscenico: la dimensione live è imprescindibile; ed Ain’t Something, validissimo primo estratto ne è una conferma concreta. Non a caso il video promozionale ripropone i Deceit alle prese con atmosfere in chiaro-scuro e con strumenti fumanti in mano, a rimarcare un energia, che se nel videoclip sembra una recita convincente, da sotto il palco l’headbanging scatta sin dai primi accordi.

L’ep si apre con le truppe da combattimento pronte a sparare rock: la formula rimane sempre efficace, strofe livide che detonano in chorus sputati con rabbia e passione a volumi importanti. Riff @1 ha le sembianze di biglietto da visita ben curato, eppure questo è solo l’aperitivo. Le successive folate di Apple Molly portano con sé il classico suono Gibson che risalta nei cambi di tempo, puntualmente efficaci ed energici: Stone Gossard approverebbe. L’interpretazione vocale parte dalla bocca dello stomaco e come un diretto da ring fa sentire il proprio peso con una dose salutare di teatralità ben firmata, d danza sotto accordi e giri di basso che bombardano amplificatori e casse.
Get your Control vomita un lungo vagito delirante che sovrasta il poderoso power chord e i battiti cardiaci delle percussioni dopo una dose massiccia di epinefrina; mentre Into your hole esplora varianti interessanti al tema, con deviazioni repentine tanto verso il metal quanto verso una psichedelia vestita tutta di nero.
Quest’ultimo spiraglio, assieme al singolo d’esordio, sono piste interessanti su cui sviluppare una concezione ancora più originale di sound, senza venir meno ad incisività ed intenti puramente rock! Certamente il prossimo tour 2011, darà modo ai Deceit di sperimentare con maggior coraggio nel terreno a loro meglio congeniale: il palco, le luci e quell’adrenalina maledetta da prima canzone  …

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recensito da Poisonheart
 

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