Crono – La Madonna di MezzaStrada

Prima uscita targata 2017 per La Fame Dischi con la terza prova matura de La Madonna di MezzaStrada sempre in vena di alchimie concettuali, che stavolta abbracciano il tempo ed il suo lento fluttuare: Crono è un disco rarefatto ed intriso di quella poesia di vita che non ha versi, né rime, ma che si alimenta di emozioni.
La Madonna di MezzaStrada - CronoIl progetto nato come duo nel lontano 2008 e fondato da Fabio Ripanucci (autore di tutti i testi) ha attraversato cambi ed allargamenti di line-up, trovando in Crono la quadratura del cerchio mediante una roboante sezione ritmica a cura di Fabrizio de Angelis e Michele Turno, con qualche distrazione melodica in bilico tra acidi synth (Damur Miri Lavasini) e placidi violini (Luca Papalini). Un mezzo post-rock per inclinazioni compositive, privo di quei tormentati cambi di tempo, ma piuttosto abile nel creare una melodica dissonanza tra la nostalgia del violino o del piano e la rugosità delle trame di chitarra. Un cantautorato forte e maggiorenne che trova negli spunti della vita quotidiana i suggerimenti per disegnare immagini nitide e suscitare qualche scossa al solito torpore mainstream; tuttavia nessuna ruffianata generazionale o iconografica appare nelle stesure de La Madonna di MezzaStrada, che preferiscono un approccio più colto (sicuramente poco radiofonico) ma indubbiamente più duraturo nella memoria.
Assumendo sempre un punto di vista intellettuale ma disinteressato, vengono raccontate polaroid di viaggi sonori e di esperienza: una cronaca che snocciola ricordi personali e comuni, creando sfumature forse non immediate, ma che obbligano l’ascoltare ad indagare un poco dentro sé stesso
In Albero sono flash di parole a ridimensionare il solito cantautorato malinconico e disilluso, mentre a livello sonoro la litania del violino scivola via leggero in trame rock compatta, diluendone le cuspidi più tese e ruvide. Dall’aura più dinamica è l’intro di Dirigibili, ove il basso crea un tessuto sonoro condensato e vagamente nostalgico, ignorando le regole spazio-tempo, a favore di un abbraccio con l’assoluto e l’infinito. Accenti rockeggianti nella cinica Formaldeide (ottime le liriche), mentre in Cesare, La Madonna di MezzaStrada scomoda addirittura il buon vecchio Pavese e la sua poetica di Lavorare Stanca, in una suite sonora intensa e molto variegata, ove ancora una volta le differenze cromatiche sono forti nel creare un pathos puro ed indelebile.
Disincanto e stordimento in Triliardi, con mosse synth arcuate e protette da un possente e meditato basso, mentre la solitudine del violino sale su per la collina per essere ammirato da tutti.
Flusso di coscienza e slang filosofici fanno breccia in Crono, nella sua posata evoluzione ove concezioni rock vengono rivoltate, ripulite e riscritte con una padronanza delle armonie davvero spinta, trovando la rapida coesione tra stili e strumenti piuttosto diversi tra loro.

L’indagine sul tempo de La Madonna di MezzaStrada è puntuale e poetica fino all’ossa, ove le emozioni vanno cercate e custodite con gelosia; in Crono non si regalano facili giochi di parole o griffati tormentoni, ma l’intensità di ciascuna delle sei tracce, obbligano l’ascoltatore a confrontarsi con la vita e le conseguenze delle relazioni umane.  

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La Fame Dischi sito ufficiale

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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