Cave Canem – Hyena Ridens

Che vita da cani! Sembrano urlare gli Hyena Ridens in versi sottoforma di slogan semplici ed estremamente diretti. La band dal passato molto travagliato tra divergenze artistiche e cambi di formazione, trova la sua stabilità mentale nel 2013 e riesce appena un anno dopo a registrare l’esordio Cave Canem. L’encomiabile audacia di resistere e di proporsi con questo progetto musicale (in fin troppi dopo i primi disguidi avrebbero lasciato perdere!) la dice lunga sul carattere e la passione degli Hyena Ridens, che s’impongono con un sound che sbircia un po’ dal metal in alcune soluzioni ritmiche ma che si mantiene schietto e pungente dai testi ai giri di chitarra. Un rock secco, fatto da pezzi di vita vissuta, di ferite, di cicatrici e raccontato così come viene, senza troppe metafore, senza troppi giochi di parole: una sincerità che lascia spiazzati.
Così per descrivere questo esordio, Cave Canem (2014), scovato dalla Ghostrecord nella Napoli suburbana, bisogna mettersi a nudo, sporcarsi le mani con un denso rock nel quale effetti (dub e synth) e ritmica mantengono quasi sempre le giuste proporzioni. Cinque elementi (anche se di questi tempi vanno di moda i trio!) che portano ognuno grande passione ed un pizzico di rabbia: dalla voce di Gennaro Davide (anche il basso è suo!), passando per la sei corde di Paolo Cotrone la quale dialoga alla perfezione con le tastiere di Paolo Astarita, e se la granitica batteria è sotto le mani di Andrea Falvo, tutta la sperimentazione è sulle spalle degli effetti di Ruben Correra.

Cave Canem - Hyena RidensTralasciando l’estratto dal film Matrix della prima traccia (che avrebbe l’effetto teorico di anticipare alcune tematiche del disco), i Hyena Ridens si mettono a quattro zampe ed in maniera kafkiana assumo sembianze canine, così Cane diventa un brano di protesta verso le troppe delusioni e false promesse della vita. In bilico tra psichedelia ed un groove nel quale distorsioni e compressioni la fanno da padrona, gli Hyena Ridens ottengono come risultato un rock ibrido ispirato a suoni di matrice hard, ma con la melanchonia di un cantato ispirato ed onesto.
Le tutine bianche con le quali la band si presenta sul palco sono certamente un piacevole espediente per presentare nei live la propria musica; agli Hyena Ridens non manca il senso dell’umorismo e la lucida (talvolta cieca) convinzione di voler comunicare col pubblico il proprio messaggio di rottura. Naif, vagamente indie negli intenti; il quintetto affina le armi con Cellula, il singolo portante di Cave Canem, nel quale si evidenzia una certa riluttanza verso l’apatica epoca in cui viviamo: ma non è solo un amara constatazione; gli Hyena Ridens annunciano la lotta, la resistenza a questo oblìo, nel quale giustizia e verità sono le malcapitate sottomesse. Se la melodia (anche vocale) regge bene, le soluzioni effettistiche si alternano a momenti buoni e a passaggio che talvolta risultano eccessive, coprendo quello che è lo splendido lavoro sporco di basso e batteria.
Metamorfosi e Tempesta sono episodi più riflessivi, nel quale la scarna struttura ritmica alla fine risulta essere davvero coinvolgente, ed è certamente una strada che in futuro la band potrebbe approfondire per creare anche il terreno giusto per sviluppare effetti e tastiere. Suoni Randagi torna a ringhiare verso i massimi sistemi dell’universo e se la perdita di valori annunciata dai primi versi è palese il colpo d’orecchio è sempre notevole e non lascia indifferenti. Cito anche la traccia che chiude Cane Canem, e quei 9 Punti di Fuga in cui è apprezzabile la diversità d’approccio degli Hyena Ridens, e che potrebbero innalzare questo brano a successivi sviluppi, specie nella fase d’improvvisazione. Un disco pieno d’impegno e sofferto, se si pensa a quante energie sono stare spese nella ricerca del sound corrente e dell’alchimia nata nella formazione attuale, gli Hyena Ridens hanno ancora tante cose da dire, e infinite soluzioni per spronare anche quel rock del sud, che a volte stenta a vedere il sole.

Hyena Ridens facebook
Ghostrecord sito ufficiale

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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