Caraibi – NØEN

Terzetto d’assalto, i veronesi NØEN (che mi dicono in norvegese voglia dire “alcuni”) spremono un post-rock sporco e baritono con un minimalismo asciutto, che si muove con nervosismo e cupezza in sconosciuti atri della memoria del tutto personali. Caraibi (in uscita per Röcken Records, in queste prime settimane del 2018), possiede la pesantezza di un sadcore intimo, eppure non ne segue le orbite, preferendo conferire maggiore dinamica con una sezione ritmica ruvida e penetrante, che ben s’amalgama con una sei corde ruggente e fuzzosa.
Caraibi - NØENOgni singolo membro proviene da esperienze diverse e si porta in dote una buona dose di esperienza da spendere per un progetto che richiama la disperazione oscura dei Fine Before You Came. Eppure se ne discosta rapidamente quando i volumi e le velocità aumentano, toccando anche influenze seventies (Caos ed un bell’assolo retto da un’asciutta ed ipnotica trama di basso e batteria, o la parzialmente funkadelica e poi sinistra Jimmy Timmy), oltre che ovviamente echi eighties nelle movenze e nella pratica dell’enfatizzare particolari stati d’animo. Mattia Leoni e Stefano Melchiori (rispettivamente chitarra e basso) praticavano già nei Montecchi, mentre la batteria di Federico Zocca l’avevamo già apprezzata nei Gin Lane, recensiti nel lontanissimo 2010 su questo spazio (leggi recensione): dopo un periodo di rodaggio, ecco che già nell’inverno 2017 i NØEN lavoravano sui pezzi del loro esordio, senza tuttavia lasciare troppi indizi delle loro precedenti militanze. Note suonate con grande energia e quella dedizione che sono chi ha qualcosa da raccontare può riuscire a tradurle in musica: Sola (primo singolo estratto dal disco) è un’ondata possente che rasenta lo stoner, andando ad infrangersi contro un muro ritmico assimilabile al post-punk più elitario ed oculato che si possa immaginare.
Hotel attacca con una lunga nenia darkeggiante di batteria e cuspidi baritone, che scivolano verso solitarie storie di sensazioni morse da una parte (meraviglioso il finale diluito ed ossessivo allo stesso tempo); mentre maggiori concessioni alla dinamica ed al ruggire delle distorsioni vengono a galla in Sessantuno punti, lambendo le sponde di un hardcore piuttosto credibile. Dicotomica, la sprezzante Mai’s, che dopo poco più di 3 minuti cambia pelle, mutando il pop-rock rauco della prima parte, con virgole di una placida jam-session dalle tonalità blueseggianti, ma senza strafare! La chiusura del disco è sempre all’insegna di brani piuttosto allungati nel minutaggio, che denotano la capacità dei NØEN di cambiare pelle ritmica, mantenendo la medesima tensione nelle liriche: Vento è il colpo allo stomaco che non t’aspetti e che t’ammazza il respiro, con i suoi saliscendi e le sue risacche nervose e pastose. Sorprendente anche la ballata malinconica di Contro le onde, ove fanno capolino per la prima volta degli archi barocchi che svolazzano su di un vaporoso lo-fi sospeso nell’etere: decisamente un finale controcorrente.

Una grande capacità di composizione sta alla base del progetto dei NØEN, abili nel tirare fuori dalla propria musica molteplici influenze, senza che alcuna di queste vada in contrasto con le altre sorelle. Arrangiamenti delicati quando serve, nebulosi quando conviene, ruggenti quando l’energia deve essere liberata, Caraibi è un disco che apparentemente non da punti di riferimento, eppure se ascoltato con il piglio giusto, può davvero regalare piacevoli sensazioni!

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recensito da Poisonheart

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