Blues Screen of Death – Super Dog Party

Per gli informatici smanettoni non è una novità; la blue-screen-of-death è la schermata turchese che da l’estrema unzione al tuo personal-computer. Con buona pace del mancato backup! Un evento quindi devastante per chi vive di solo pc (per scelta o necessità); ed al primo ascolto di questo ep (Blues Screen of Death) non mi stupisco più di tanto perché i romani Super Dog Party abbiano voluto intitolare così il loro secondo lavoro.

Super Dog Party - Blues Screen of DeathIl trio chitarra-basso-batteria (Alessandro Peana / Valerio Scialanca / Massimiliano Di Santo) inaugura una tradizione musicale composta da una base blues isterica, nella quale energia, movimento e frenesia convivono ragionatamente senza mescolarsi in accozzaglie di virtuosismo hard-rock. Tutta la potenza della musica di provincia degli anni ’70 (sicuri che i Super Dog Party vengano da Roma, a me pareva Ann Arbour!!!) miscelata in tre minuti e mezzo per brano: un groviglio chitarristico fatto di riff impertinenti, alternati a pennate power chords laceranti, il tutto retto senza strappi da un batteria ed un basso che si prendono la loro bella fetta di protagonismo. Non sembrano esserci tante filosofie sotto la musica dei Super Dog Party; talvolta sbruffoni e sopra le righe da essere antipatici, ma in realtà la loro schiettezza fa semplicemente rima con onestà. Sono così come si ascoltano, elettrici, forsennati, figli di un rock pieno di contaminazioni seventies e di amarcord on-the-road. Eppure nel corso di queste quattro tracce c’è un nembo blueseggiante che incombe sopra le nostre teste e se la ridacchia. The Dark Passanger ha un rutilante e sghembo ritmo rolleggiante, nel quale l’apertura acustica maschera appena un’energia diffusa dai ritmi sostenuti del basso, che rende ammiccante un brano veloce e dalle infatuazioni da delta del Mississippi. I trio si chiede dove sia mai finita la loro anima, ed io credo che almeno un patto malefico sia stato stipulato in un qualche crossroad di New Orleans o di Roma.
La tittle-track sembra uscita dal repertorio di una qualsiasi band tra Stooges, MC5 o Steppenwolf. L’ubriacatura è assicurata, come avvincente è il gioco di voci nel ritornello, nel quale si ripete ossessivamente in seconda battuta “Blues Screen of Death, Blues Screen of Death“. La coreografia di assolo finale sembra partorita da un southern rock meno tradizionalista e meno patriottico rispetto ai Lynryd Skynyrd, un sound più votato alla modernità ed all’intrattenimento.
Underdogs per professione, i Super Dog Party maneggiano con personalità il manufatto rock-blues, colorando con vernice pesante le dinamiche a volte troppo ripetitive del genere, eppure l’ironia e la capacità di mettersi in gioco è naturale per il trio, che nuovamente con Subject Dog Blues conferma di essere in forma e pronta per un qualcosa di più corposo di un ep. La sensazione nell’ascoltare l’ultima traccia, The One who Knocks, è quella di assuefazione e dipendenza, poiché i quattro brani non sono sufficienti per placare la sete che si genera: come il whiskey secca la gola, allo stesso modo questo ep lascia stremati dopo un ascolto ripetuto. La tensione di quest’ultimo sforzo è sicuramente una direzione interessante verso cui i Super Dog Party possono dirigersi nell’immediato futuro.

Blues Screen of Death uscirà il 12 giugno distribuito da Goodfellas, e promette tante cose buone. L’autoproduzione del disco consente di avere un controllo totale sul progetto, ed è ammirevole come volumi e dinamiche siano tutto sommato bilanciate. Chissà quale sorte spetterà ai Super Dog Party, intanto il tour in Italia e Spagna incombe, nella speranza che almeno una volta il frontman possa cambiarsi quella maglietta a righe sudicia che ripropone ad ogni live … il blues sarà pure sporco e maledetto, però beh, una t-shirt di riserva non guasta mai …

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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