Better When Drunk – Dead Ronnies

In questi tempi digitali, poi! Sì insomma, mi spiego meglio. È difficile assemblare un sound personale, onesto, privo di forzature, ove possa convivere l’anima più sovversiva del punk hardcore (senza quel cliché tanto di moda di certa musica ska) con un heavy potente e spiazzante: il tutto che galleggia su un mare di rumore granitico degno del miglior underground anni ’80. Impresa quasi impossibile, senza cadere nell’anonimato o nel più spiacevole paradosso punk-metal: assolutamente inconciliabile!
Ci provano i  Dead Ronnies, con questo perspicace demo; ed in sole quattro tracce riescono a condensare un energia interessante e non convenzionale.

Dead RonniesDopo molti turbamenti interni e cambi di line-up (fino al 2008 si facevano chiamare Ridskolan, preso dal titolo di un porno svedese; carino no?!) rimangono abili Slade (voce), Gispy (chitarra) e B (basso e ora rhythm guitar). Arruolano dagli amici ferraresi di Penelope Sulla Luna, il batterista Robb, e s’imbarcano per questa nuova avventura musicale. Cambiano quindi il nome i Dead Ronnies appunto, a simboleggiare la rinascita dalle ceneri del vecchio progetto. Better When Drunk è prima di tutto essenziale. Le tracce non superano mai i 3 minuti, con quella batteria che pulsa tra rullante e charleston, nella migliore tradizione punk. Tuttavia i Dead Ronnies non sono una band punk tutta borchie e lustrini! Nella loro essenza convivono elementi diversi: la potenza dei Turbonegro salta presto agli orecchi, ma pure il viscido sound sommerso dei Jesus Lizard, e perché no, c’è chi sente qualche sfumatura non troppo calcata di un stoner malato alla maniera dei Melvins.

Nel brano portante Better When Drunk rincorre un duello avvincente tra batteria e chitarra, nel quale la tiratura metal è marcata. Slade si allinea al timbro vocale del più redivivo James Hetfield: un analogia flash! Omogenea e lineare rimarca il classico verse-chorus-solo, imprimendo una scarica di adrenalina pazzesca specialmente nel finale. Decisamente da pogo!
Il copione si ripete con Gettin’ Laid, nervosa ed ipnotica, nel quale la chitarra si concede a urla laceranti di convincente rock pesante. Il suono colloso del basso apre a No Pain No Gain, leggermente più lenta della precedente anche se decisamente più heavy nelle intenzioni; mentre Roses & Vaseline mostra la vena più underground e putrida dei Dead Ronnies: perlomeno giustifica la mia vaga allusione ad una spruzzata di stoner piuttosto che di sludge rock.

Con il cambio di line-up è presumibile nel futuro prossimo anche un esplorazione più marcata nei meandri dell’heavy, e chissà, qualcosa di più di un demo. I Dead Ronnies promettono di fare casino e sanno come non far stancare un pubblico malato cronico da meteore indie-rock. Seguiteli: ehi, sto parlando a voi espertoni e saccenti di musica! I Dead Ronnies vi avvertono: «We sound better when you’re drunk!». E chi alto può consigliarvi meglio ?!

 Dead Ronnies myspace

recensito da Poisonheart
 

 

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