Abisso – Unità di Produzione

Il saliscendi di elettro-indie prosegue su queste pagine con le venature darkeggianti dei bergamaschi Unità di Produzione, giunti all’esordio su lunga distanza con un disco rarefatto nelle sonorità, cupo in alcune pieghe trasversali, ruggente in chitarre prese per il collo e strozzate: Abisso è un viaggio di formazione, di osservazione e di salvezza.
Unità di Produzione - AbissoL’inetta quotidianità è ancora la protagonista in liriche che assumono un ruolo non secondario -anzi, direi quasi un ruolo da prima donna- rispetto al serpeggiare di synth, echi, loop e delay marmorei; eppure il tutto è dosato e bilanciato senza la stonata esigenza di impartire lezioni di vita o di sottoscrivere manuali di emozioni. Il trio (Andrea Meneghello, Davide Ghisalberti ed Elvis Ghisleni) fanno ruotare la propria idea musicale attorno ad una decadenza post-punk riconoscibile nei dinieghi di Closer, Faith, Jeopardy, album fondamentali per i primi e brevi vagiti degli eighties; senza nascondere una certa tradizione italica che passa prima per Firenze (Diaframma e primi Litfiba), toccando per una notte Bologna (Ferretti e le sue mille tarde-metamorfosi), giungendo finalmente a Bergamo -che assieme a Brescia- è culla prolifica di un’elettro-indipendente davvero ispirato.

Rispetto al precedente ep (Monolite, 2016), Abisso prende una via più personale, lasciando per strada ogni riferimento alla wave-italiana (L’Età dell’Oro, ha tuttavia il suo perché), ed assimilando solo quello che può servire per la maturazione degli Unità di Produzione. Se le dinamiche si aprono maggiormente ad un evocativo post-rock minimale, il cantato (accompagnato sporadicamente da quello di Serena Caponera dei Minerva) si divide tra una lentezza enfatica ed uno spoken-word impastato e rabbioso, mantenendo inalterata una bella tensione di fondo.
Complesso nella sua forma alquanto poliedrica, Abisso idealmente segue il percorso crepuscolare di Spiderland, rimanendone intelligentemente distante dei cambi di tempo e nelle soluzioni decadenti (la title-track ad esempio), trovando nei testi picchi incazzati e culle più introspettive. Così Amami, macchina si diverte nel ridimensionare il MenschMaschine delineandone con sardonico piglio tutti i limiti, assecondando un riluttante consumismo attraverso versi pungenti ed a tratti pure distopici.
Gli Unità di Produzione (come per rifarsi al primo brano di Tabula Rasa Elettrificata) seguono un agnostico senso di rifiuto verso un presente omologato e schematizzato, vissuto su freddi ed impropri indicatori analitici che elidono sistematicamente qualsiasi emozione o interazione profonda. Un girotondo effimero e umorale, che distorce i 15 minuti di fama warholiani, verso una finestra sociale indispensabile per il vivere moderno, eppure allo stesso tempo superficiale ed inconcludente. “L’abisso” cantato e suonato dagli Unità di Produzione è uno spazio infinitesimo ove abbandonare le ultime speranze, ove proteggere il personale ed il prezioso, ove respirare senza alcuna maschera di finzione. Tra l’art-rock dilatato di Fisso, e il parlato ceruleo di Annibale, si celano dei sentimenti di una ribellione atavica e sprezzante, perennemente in minoranza per poter scatenare una rivoluzione. Abili a non cadere nel riottoso, gli Unità di Produzione mescolano la poetica in prosa di Emidio Clementi (Medusa nell’illuminante «Mentre cerco di raccogliere i pensieri in confusi attimi di pace») e la recitano in bianco e nero, trovando nelle sfumature di chitarra e synth quella sapidità melodica ed allo stesso languida che rende muscoloso e disperato l’album. Ritmiche penetranti conferiscono spessore nei momenti più introspettivi (Intenti o la finale Azzardo) ove la lentezza delle armonie diventa quasi impertinente verso una discesa agli inferi purificatrice ed indispensabile. Così con una buona dose di inconsapevolezza, l’ascoltatore si ritrova in una zona franca di emozioni, protetto dalle inconsistenze della vita e coccolato dalle poche certezze di una quotidianità strisciante.

Abisso è una serie di scatole cinesi, via via sempre più piccole, nel quale gli Unità di Produzione immettono contenuti freschi ed attuali, per raccontare di sé stessi e di quello che li circonda, con una sincerità a tratti disarmante ed a tratti inquisitoria. La crescita esponenziale rispetto agli esordi giace soprattutto negli arrangiamenti e nella struttura dei brani, realizzando una simbiosi con i contenuti scritti ed urlati, senza sottomettersi a giochi melodici banali o assecondando inopportune giravolte radiofoniche. Nice Try !!!

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recensito da Poisonheart

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