Too True – Dum Dum Girls

Le Dum Dum Girls di Kristin Gundred (da qui in poi semplicemente Dee Dee) sono una delle band losangeline sospese tra l’art-indie-dream-rock più interessanti degli ultimi vent’anni: più istintive delle Warpaint, meno elaborate delle Savages. Rubato solo idealmente quanto basta dal punk e dai suoi padrini (Dum Dum Boys di Iggy Pop, ed il compianto Dee Dee Ramone), il quintetto (ma non sempre!) femminile esordisce con il ruvido I Will Be (2010), un disco prodotto dalla Sub Pop dalle velleità indie ma con contaminazioni wave e vaghi echi che ad alcuni (a me personalmente no!) ricordano The Jesus and Mary Chain. Prodotto da Richard Gottehrer (già con Richard Hell e Raveonettes) il disco appare un diamante grezzo, timidamente punk, più lo-fi di quello che può sembrare (vedasi Yours Alone, la migliore dell’esordio!). Dopo qualche incertezza nell’ep He gets me high del 2011, ecco dopo qualche mese una virata decisa con Only in Dreams, ed un pop truccato a tinte scure di malinconia e di rumore nel quale spicca velocità e brio, tagliando il cordone ombelicale dal circuito alternativo e lo-fi. Bedroom Eyes rimane uno dei brani agrodolci più belli del repertorio delle Dum Dum Girls, alle prese con qualche ritocco nella lineup (persa la batterista Frankie Rose, ex Vivian Girls).

Dum Dum Girls - Too TrueSe i puristi del lo-fi storceranno il naso, o se i grandi cultori dell’indipendent saranno delusi, nel 2014 le Dum Dum Girls (anche se dovrei dire solamente Dee Dee) cambiano nuovamente faccia e portano alle estreme conseguenze le atmosfere art-pop di Only in Dreams.
Too True
cola come gomma al sole, appiccisosa, a tratti esoterica, traballante tra drum-machine ed effetti artefatti che poi scivolano via in riff di chitarra armoniosi. Cult of Love sembra venire dal repertorio di una cover band degli Slowdive, le trame di basso e l’ipnosi dei beat conferiscono al brano (ma in generale a tutto il disco) un ombra misteriosa e tenebrosa. La voce di Dee Dee è cristallina, solare, a tratti adolescenziale nella deliziosa Evil Bloom; mentre il pop si fa ossessivo e plateale in Rimbaud Eyes con un chorus davvero anacronistico. Il cambiamento di pelle non sembra infastidire Dee Dee, l’onestà e l’impronta sperimentale resistono nonostante alcune soluzioni alla lunga stanchino le orecchie più esigenti. Ballate più rarefatte come Are you Ok?, suonano fresche nonostante manchino quei cambi di passo che nei precedenti lavori sembravano più istintivi.  Too True to be Good nelle armonie sembra una rilettura spassionata dei grandi pionieri del rumore degli anni ’80; patinata ed orecchiabile, il brano di punta di questo disco decolla verso orizzonti onirici e vagamente alchemici. Un’altro bel brano è il successivo In the Wake of you, il cui intro di chitarra sfocia in un pop-bubblegum giocoso ma non questo scontato. Il ritmo incessante di batteria porta alla memoria quel rock anni ottanta tutto uguale, eppure la capacità di Dee Dee sta nel metterci sopra liriche rapide e non troppo elaborate ed un minimalismo armonico che lascia al gioco delle voci la parte dinamica del disco. Se Too True perde qualcosa in fase di arrangiamento (buona comunque la produzione di Sune Rose Wagner, ex Raveonettes) rispetto ad esempio a Only in Dreams, è innegabile la capacità di questo disco di emozionare e di ammaliare l’ascoltatore. Trouble is my name risponde proprio a questa esigenza, avvicinando come non mai le Dum Dum Girls e Dee Dee al proprio pubblico: «You said “there’s nothing you can do, To make your kind not cruel» tocca ed avvolge il cuore e ci congeda con tanti dubbi su quale sia veramente la faccia artistica di questa band. Sulla bilancia l’indie più grossolano degli esordi o il pop-rock elaborato di questo disco?

Ascolta Too True qui

recensito da Ramona Ramone
M_Ramona Ramone

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