The Sense of Self – Jarman

Jarman - The Sense of SelfAvevamo lasciato i romani Jarman con il primo ep, The Saint (leggi recensione) targato 2011, li ritroviamo dopo qualche anno pimpanti e riposati con questo lavoro oscuro e sperimentale in The Sense of Self uscito nel dicembre 2015. Alessia Casonato, Alessandro Giordani, Federico Vignali e Francesco Romano nel frattempo si sono fatti le ossa con una discreta attività live, che li ha portati ad aprire concerti per mostri sacri come la combriccola rumorosa di J. Mascis.
Il percorso in questi anni è stato dunque in crescendo, ed i Jarman si avventurano nell’esperienza mistica del long-playing mostrando quello che sanno meglio fare: melodie arpeggiate di chitarra che volteggiano su un tessuto ritmico molto flessibile nel quale basso e batteria sanno ritagliarsi parti da protagonista. La scelta puramente strumentale è sicuramente azzardata in un mercato come quello italiano (noi italici siamo innamorati delle voci, bah!), tuttavia le dinamiche che fuoriescono dall’inventiva dei Jarman sono delicate e grintose quanto una voce. Anzi nell’ascoltatore nasce, ad ogni brano, una curiosa ricerca di suoni e sensazioni, grazie anche a soluzioni ritmiche sempre in continua evoluzione. I Jarman lavorano sotto traccia, come piccoli enzimi costruiscono impalcature sonore fatte di semplici idee, ma che viste nel loro insieme regalano una complessa nemesi fatta di dialoghi tra chitarre e di aspre battaglie cromatiche tra basso e batteria. Spesso criptici, i Jarman si sono costruiti nel corso degli anni una solida base morale, che disperdono con intelligenza in ciascuno dei loro brani, senza tante parole è vero, ma con la sapiente genialità di giocare con arpeggi e sottofondi noise regalando così le sensazioni che segretamente ambiscono portare a chi li ascolta.

The Sense of Self sembra un omaggio alla Natura più selvaggia, ma anche quella che spesso viene dimenticata dall’uomo e dalle proprie azioni. In Stratos, con cui si apre il disco, i ritmi vagamente tribali che echeggiano nel finale lottano disperatamente con umori e suoni metropolitani, come se all’interno del brano ci fosse una lotta intestina di cui noi non ne siamo a conoscenza. Il groove “sonico” di The Roaring Lion & The Bubbling Fish concede minuti di bellezza quasi eterea; le piccole magie della Natura a cui spesso i Jarman si rifanno escono dal loro guscio di silenzio per esplodere in boati elettrici ed evocativi. San Cristòbal percorre la strada della contrapposizione tra l’arpeggio di chitarra ed il passo spedito di basso e batteria, mentre nella title-track i Jarman scoprono un poco le loro intenzioni, citando Ungaretti (nella celebre intervista di Pier Paolo Pasolini): «Tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la Natura. E questo sino dal primo momento, con l’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla Natura, è un atto contro Natura».
Il cuore pulsante di Tunnelt (uno dei migliori brani del disco) concede sprazzi più sperimentali, nel quale le distorsioni accentuano la loro presenza; mentre la camera delle meraviglie dei Jarman ci viene (apparentemente) svelata senza segreti nella fluida Wunderkammer.
Chiude Light in August con sei minuti di piacevole contemplazione verso un paesaggio puro ed incontaminato; mostrando come un disco ben prodotto come The Sense of Self non abbia bisogno di soluzioni sopra le righe o di merletti elettronici per apparire rivoluzionario ed immediato: la grande bravuta dei Jarman sta nell’emozionare mantenendo la propria musica pura, quasi Naturale.

 

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

 

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