The Dresden Dolls – The Dresden Dolls

The Dresden Dolls - The Dresden DollsDi tutte la maniere fantasiose di fare musica, certamente i “bostoniani” Dresden Dolls sono tra i più eclettici e volubili. Composti dalla conturbante Amanda Palmer (ehm, Gus ci ha fatto più di un pensierino!) e da Brian Viglione (di cui evito ogni riferimento), propongono un insolito,quanto ben costruito cabaret-pop (anche se alcuni lo definiscono cabaret-punk!) dal sapore garbatamente retrò.
Vi ricordate Beckett? E Alabama Song riproposta dai Doors?!
Ecco, tutt’altra atmosfera. Le reminiscenze ci sono, tuttavia il tocco di modernità è dato da un pop-rock aggressivo a tratti e di personalità (quella di Amanda Palmer, ovviamente!) oltre che ad un look minimalista, più da artista di strada o mimo che dark o gotico. Il bianco ed il nero sono i colori che spesso troviamo in questo disco, un omonimo esordio che fa il suo dovere. L’asticella della provocazione musicale è posta molto in alto rispetto ad un qualunque altro disco pop, da qui non aspettatevi capolavori di stile o di arrangiamento, piuttosto un buon compromesso tra brani radiofonici e amorosamente agrodolci.

La repubblica di Weimar evidentemente non ha ispirato solo Bowie, da qui l’armonia e la goliardia della musica dei Dresden Dolls sembra venire più dal soul che da stravaganti imitazioni glam. La passionalità e l’ampiezza vocale della Palmer (talvolta dolcissima, talvolta mascolina) sono l’unica ragione per cui ho scelto di recensire questo album. Il pianoforte sostituisce quasi ovunque le chitarre elettriche cogliendo appieno un’atmosfera da piano bar, sempre intima toccando sempre le giuste corde emotive.
La spettacolarità è tutto in questo disco del 2001, nel quale l’arte non è solo musicale ma soprattutto visiva e concettuale, sviscerando l’amore nelle sue componenti più sensuali e terrene. Good Day ha le stesse intenzioni di Lou Reed quando canta del suo “Perfect Day” ovviamente con risultati e sentimenti diversi, e ci mancherebbe! Niente nichilismo, molta passionalità ripeto, amore e sessualità dal nettare di miele.

Girl Anachronism ha l’andatura di uno swing mozzato stile anni venti, con il fruscio distratto da carillon. Piccante e meccanico allo stesso tempo, i ritmi sono singhiozzanti e creano una buona intensità, inconsueta per un pop canonico da classifica. Missed Me è il brano manifesto del cabaret dei Dresden Dolls e il pezzo migliore del disco. Voce e pianoforte sono sufficienti per immortalare l’istante emozionale del brano,come in una polaroid senza colori; si percepiscono senza troppi affanni gli alti e bassi della melodia che rappresentano lo scontro cromatico tra bianco e nero che mai e poi mai porta a soluzioni intermedie: niente grigio quindi!

Coin-Operated Boy è l’espressione bechettiana più spiccata. Musica-giocattolo per un amore-giocattolo, ma nonostante il ritmo da allegretto, il brano cela una solitudine e un vuoto di sentimenti che la Palmer interpreta con serenità e giudizio. Il pop è dietro l’angolo, e Gravity ne è l’emblema non troppo complicato. Peggio di una luce laser intermittente negli occhi è Bad Habit: altalenante da mal di mare. Esercizio intimo da lacrimuccia in The Perfect Fit, mentre il sapore anni ottanta fa capolino nella tranquilla The Jeep Song.

The Dresden Dolls è lontano dall’essere un capolavoro, ma ascoltandolo più e più volte, alla fine le distanze si accorciano. Certamente è un disco più passionale di uno scialbo soul d’oggi, ove la sola voce vorrebbe sostituire e giustificare le emozioni! Più vicino ad un disco d’altri tempi di quanto si possa pensare, approfittatene per ascoltarlo perché questo intrigante mix emozionale si perde con il successivo Yes, Virignia (2006), a favore di un pop stravagante e meramente commerciale.

recensito da Gus
Gus heartofglass

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