Spiral Scratch (ep) – Buzzcocks

Spiral Scratch, l’esordio assoluto dei Buzzcocks, era ciò che sarebbe potuto essere il punk inglese: un movimento indipendente! Prodotto secondo l’etica do-it-yourself dalla New Hormones, la sua importanza (riscoperta solo recentemente) non è solamente legata alla produzione indipendente (ricordo che il famigerato Nevermind the Bollocks uscì su Virgin Record, a quell’epoca non ancora una major, ma possedeva un potenziale economico non indifferente!). La forte autodeterminazione con la quale la band di Howard Devoto pose le basi per il proliferare della libertà artistica e del controllo sulla musica, è fondamentale per comprendere il messaggio di questo extedend-play povero e sgraziato.
Spiral Scratch BuzzcocksSpiral Scratch affrontava a viso aperto la Londra modaiola di Seditionaries (il famigerato negozio “punk” di Vivienne Westwood), contrapponendola alla Manchester proletaria ed operaia, dando inizio ad uno scontro musicale (e politico) visse per almeno un ventennio. Produrre in completa autonomia, rappresentava davvero un gesto di rottura con la tradizione, quindi rientrava perfettamente nell’ideologia punk, e nonostante la prima limitata tiratura di 1000 copie, l’ep esaurì presto le richieste tra negozi come la Rough Trade e la vendita per corrispondenza.
I Buzzcocks aprirono ai Sex Pistols nel luglio del 1976, in una formazione abbozzata che comprendeva oltre a Devoto (forse il non-personaggio più importante della scena di Manchester), la chitarra di Pete Shelley, il basso di Steve Diggle e la batteria di John Maher; registrarono sul finire dello stesso anno quattro brani con Martin Hannett (futuro produttore dei Joy Division), per comparire in Spiral Scratch, uscito nel gennaio del 1977. Gli ingredienti perfetti, per una ricetta perfetta: la produzione grezza, quasi in presa diretta, evidenziava l’energia del quartetto, che tuttavia pareva più posata ed edulcorata rispetto alle peripezie irruente di Pistols o Clash. Devoto capì prima di tutti che piega avrebbe preso il punk inglese: «All’inizio spronavamo la gente a fare qualcosa di personale. E loro facevano qualcosa di personale, solo che era una copia pedissequa, e una copia di qualcosa che in realtà non era mai esistito», e appena dopo l’uscita del ep, lasciò i Buzzcocks per fondare i Magazine ed aprire così la stagione post-punk a Manchester.
Boredom, piccolo gioiello sgraziato, esemplifica molto lo stato d’animo di Devoto («You know me – I’m acting dumb – You know the scene very humdrum – Boredom, boredom»), che all’epoca già considerava maestosi i dischi berlinesi di Bowie e Iggy Pop, e che solo successivamente furono “adottati” come riferimento per la generazione post-punk. 
Breakdown ha l’andatura isterica del punk primigenio, con qualche contaminazione rugginosa del garage sponda Ann Arbour, mentre Time’s Up mostra alcune peculiarità ritrovabili nella successiva evoluzione del punk, le velocità sono più controllate, il tono del cantato è sempre sgraziato, ma non retorico come poteva apparire quello di John Lydon in Anarchy in the U.K.
Infine, Friends of Mine è avvolta dalla stessa coltre cupa, tipica del Manchester-sound, che può sicuramente aver ispirato i primissimi vivaci Joy Division.

Considerato come piccolo cimelio punk, Spiral Scratch ha avuto la forza ed il magnetismo per ispirare molti “dilettanti” della produzione e spronarli a registrare in autonomia, eludendo così le case discografiche e salvaguardando la libertà d’espressione. Il do-it-yourself, che nella west-coast americana troverà la definitiva consacrazione, deve moltissimo allo sforzo dei Buzzcocks (e di molte altre band rimaste ai margini) per la causa independent, e se oggi questo concetto sembra essere  oramai acquisito, è fondamentale conoscere questo disco e le vicende di una band, che dopo l’uscita di Devoto, si attesterà alla media (mediocre) degli altri gruppi punk inglesi.

recensito da Poisonheart

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