Songs: for a Lovely Soul – Boda

Daniele “Boda” Rotella si lancia in un’avventura solista priva di inibizioni e preconcetti, come un Mark Lanegan di umore più bonario, snocciola con Songs: for a Lovely Soul, undici ballate secche ed algide in bilico tra sonorità elettro-acustiche in apparente dicotomia, ma incredibilmente intrise di tante piccole verità emozionanti e disarmanti.
Noto anche per essere leader dei carismatici e bravissimi The Rust and the Fury (andatevi a rispolverare i loro dischi!), Boda si rimette -per questa parentesi solista- a La Sete Dischi, sorella minore de La Fame Dischi, che aveva già prodotto l’esordio della band (May the Sun Hit your Eyes, 2012), ove sonorità d’ispirazione anglosassone risuonavano fresche ed armoniche come in pochi in Italia sanno fare. In questo disco, alcuni elementi di quell’approccio vengono mantenuti, tuttavia l’apparente cupezza delle movenze, nasconde una magia rarefatta che gioca su arrangiamenti piuttosto eleganti, arpeggi di chitarra potenti ed allo stesso tempo melodici, ed un’elettricità minimale messa lì più come contraltare armonico, piuttosto che come esigenza sperimentale. A tratti crepuscolare, il cantato di Boda è fortemente evocativo, nonostante una ruvidità vocale accesa che scorre linearmente lungo brani dalle velocità moderate, dai cambi di tempo ragionati e da una predisposizione naturale alla riflessione.

Songs for a lovely soul - BodaCome si evince dalla cover-art, l’entrata in questa foresta non è né onirica, né composta da elementi fiabeschi; la foresta di cui si fa riferimento (più o meno allegorico in ciascun brano) è quella che si vive nel quotidiano, senza troppi sconti, senza animali fantastici, senza suoni o profumi incontaminati. Una lama sottile di lucida e santificata disperazione, avvolge alcuni momenti del disco, gridando alla bellezza delle armonie ed alla cura maniacale dei dettagli. L’apertura di Dear Brother getta i dadi in direzione di un elettro-rock dai contorni bruciati: maculata e sinuosa, la ritmica danza su chiaroscuri piuttosto marcati, senza tralasciare qualche acuto stagnante e quasi onirico. Tuttavia, durante la sua evoluzione il disco prende una piega più chitarristica: Wind è una godibilissima ballata acustica e sofferta, macchiata qua e là da un effettistica disturbata e rumorosa che magnificamente si allaccia agli arpeggi della sei corde. Se in Sybill il duetto con Francesca Lisetto (fondamentale nella realizzazione del disco) rievoca quasi paragoni Lanegan&Isobel Campbell; nella diluita Shadow on the woods assistiamo ad una delicata e precisa meccanica di armonie, silenzi, echi che s’allacciano ad un tessuto sonoro pacato e in overdose di emozioni. Una beata armonia che ritroviamo in tutta la parte centrale del disco; dalla neilyounghiana A place to be, all’intestina e taciuta You better lock that door, che si muove come una lullaby malata e svuotata dall’ondeggiare di un organo suonato dai fantasmi.

I volumi si mantengono riflessivi anche nella liquida Dog Rose, mentre la poetica di Boda tocca immagini davvero molto toccanti in A gentle wind. Omaggio al genio di Daniel Johnston (con cui forse condivide un certo “mondo” fantastico”) in True love will find you in the end, ove viene mantenuta inalterata la verve giocosa e disimpegnata dell’artista lo-fi per eccellenza. 
L’epilogo del disco prosegue con una meditata carica evocativa, tuttavia in Your Skin, Boda preferisce uno stile più asciutto ed una dinamica che gioca sull’ampiezza dei cori e sulla spigolosità della ritmica elettronica; mentre la conclusiva Killing you è la summa di quanto apprezzato nel disco: intro molto prolungato che via via assume forme sempre più definite, velocizzando i tempi ed inserendo man mano sempre più effetti, fino a raggiungere un’armonia finale tanto bella quanto contemplativa.

Songs: for a Lovely Soul è un disco suonato e prodotto magnificamente, un esordio adulto e maturo, costruito con la volontà di lanciare un messaggio che si cela nell’animo di ciascun ascoltatore. Un lavoro anche coraggioso ed elegante in quella sua sofferenza sussurrata, come un modo per ricordarsi nel vissuto e per suscitare qualche reazione, come ammette lo stesso Boda: «Mi piace disturbare attirare l’attenzione, per lasciare un segno del mio passaggio. Come fanno i cani».
Geniale!

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La Sete Dischi sito ufficiale

recensito da Poisonheart

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