Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me – Giusy Zaccagnini

La ricerca di se stessi alla fine di un percorso (o di un pezzo di questo!) porta inesorabilmente a guardarsi indietro -ma anche di lato- e a fare i soliti spicci bilanci. Tutti sappiamo sottopelle di cosa sto parlando; eppure molti sono restii a confrontarsi con tale condizione. Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me, è quello che vorremmo sempre dire a chi ci vuole interrogare; così Giusy Zaccagnini prova a raccontarci la sua esperienza: momento particolare che ciascuno di noi deve affrontare prima o poi nella vita.
Il giochino del “se avessi fatto…” stavolta lasciamolo perdere …

Giusy Zaccagnini - Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di meManuale d’utilizzo: Giusy Zaccagnini nel suo zainetto col quale gironzola per mezzo mondo, si porta appresso degli studi di pianoforte, un’esperienza folk-rock con gli abruzzesi Gretadieu, la passione per l’improvvisazione ed il jazz, ed un’innata curiosità verso il teatro e nuove forme musicali. Ad ogni modo, questi ingredienti non sono tutti presenti in egual misura nell’esordio solista (per Lapidarie Incisioni e promosso da Libellula Music) di Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me, ma riflettono senz’altro la natura di una donna che, in qualunque modo la si voglia vedere, ha dedicato la sua vita all’arte ed alla musica. Nevvero la voce ha un ruolo fondamentale nelle otto tracce che compongono questo disco, ma rispetto al vizietto italico di demolire gli arrangiamenti e le parti armoniche in favore del cantato, Giusy Zaccagnini ci versa tutta la passione che scorre nelle sue vene, realizzando soluzioni musicali originali, vagamente etniche, senza ricercare la grande prova canora, ma puntando piuttosto sull’intimità, sull’emozione che ogni canzone genera.
Un Paese Gentile percorre a ritroso il cammino di una vita, ne raccoglie i sassolini e le lacrime ricordando la strada percorsa; e senza rimorso o falsi rimpianti, vira ben presto sulla rivincita dell’autodeterminazione e su uno sguardo fisso a quello che verrà. L’arrangiamento minimale, brilla grazie all’eccellente soluzione del solfeggio in background che fa guadagnare il brano in dinamismo ed in emotività. La voglia di ripartire, di ricominciare è indelebile nel disco, come lo è la repulsione verso qualunque abolizione della libertà della persona. È difficile nel piccolo di tutti i giorni vincere queste battaglie, poiché vestirsi con gli abiti che qualcun’altro ti obbliga a mettere è uno dei fondamenti mascherati dell’epoca in cui viviamo; tuttavia senza troppo nichilismo, la soluzione è da ricercarsi nell’interiorità e nella passione che muove le minuscole cose. La spensieratezza di facciata di Bruciami vuole essere un inno di indipendenza, più mentale e di pensiero piuttosto che ciecamente pratico.

Il pianoforte introduce come una nevicata fiabesca, l’onirica e livida Bianca, che approda nell’isola dell’amore come farebbe un naufrago pieno di speranze ma senza memoria. L’intensità e la maturità dei versi tocca l’apice quando Giusy Zaccagnini racconta l’intrigo tra l’amore sognato e quello più modestamente attuale. Tutte le aspettative, le speranze, le sporcizie vengono eluse da un modo di esporre i sentimenti puro ed immacolato, ma sostanzialmente lontano anni luce da quello che l’amore in realtà è al giorno d’oggi. La profondità dei temi trattati richiama ad un rapporto intimo e personale delle vicende, ma senza troppi protagonismi, consentendo all’ascoltatore di immedesimarsi e fare così quelle parole come sue. È una capacità non solo di scrittura, ma soprattutto di interpretazione, che rende la confessione meno segreta e più accessibile a tutti. La musica è al servizio di questo intimismo, eppure è nelle leggere sfumature armoniche che si coglie l’accento di un brano rispetto ad un altro. Se alla tenebrosa Quando torni (una delle migliori per tensione emotiva a mio parere!) una chitarra elettrica nel chorus non starebbe niente male, in La mia parte migliore la sezione archi conferisce pennellate di nostalgia verso l’involuzione (dei comportamenti) di una storia d’amore: una pratica ahimè molto comune seppur “involontaria”! Nonostante tenti di passare inosservata, Poesia, è forse il brano più sentito di Giusy Zaccagnini, poiché la maternità colora di bellezza tutt’intorno, dall’arpeggio di chitarra al cantato limpido e pieno di speranza. Un piccolo diamante grezzo, senza la volontà di esserlo.

Avvertenze d’uso: Qualche cenno su Ancora un giorno che ricalca con ostinazione il tema centrale del disco: il coraggio di cambiare e di affermarsi secondo la propria natura sono oramai entrati nel nostro DNA. Annoto una ricchezza della sezione ritmica molto ricercata ed originale, che rischia di passare inosservata.
Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me è un disco molto più coraggioso di quanto sembri, la conferma me la sento dentro solo alla fine, quando ascoltata a più riprese la voce di Giusy Zaccagnini nell’ultimo brano Neve, riconosco una voglia di vivere eccezionale ed invincibile che nessuna limitazione altrui, che nessuna regola imposta, che nessuna frustrazione può scalfire. E’ un inno alla vita, e a viverla secondo la propria visione, secondo la propria natura.
Che è anche il modo più bello di viverla.

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recensito da Bambolaclara
BambolaClara heartofglass

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