Riempimi la testa con un mare di cemento – Il Sistema di Mel

Ce l’avevano promesso, dopo le buone impressione avute con Felida X (leggi recensione), ecco il gradito ritorno dei bresciani Il Sistema di Mel, con il loro primo lavoro sulla lunga distanza, diluito in otto tracce indagatrici ed affogate in un’emotività analitica, tra pezzi di vita e sensazioni non scontate a cui pochi prestano attenzione.
Riempimi la testa con un mare di cemento ha l’andatura dinoccolata di certi album della prima metà degli anni ottanta, crepuscolari ed avvolti in una densa oscurità che nient’altro è che la somma di sottili strati di emozioni vissute. Profondità di composizione che rassomiglia ad uno stile ed una ragione di vita, il fiuto curioso per le meccaniche quotidiane, lo svelare e denudare incertezze dannatamente umane, senza esaltarne i pregi, senza condannandone i difetti, in uno studio allo stesso tempo intimo ed onnisciente. Se una certa enfasi post-punk fuoriesce dalle trame di chitarre e dalla tensione endemica di una ritmica pressante e coinvolgente, è innegabile una certa vicinanza alle sonorità attuali di quelle band indipendenti che sulle emozioni in musica ci hanno costruito una discografia di nicchia (mi riferisco in maniera non troppo vaga ai favolosi Fine Before You Came). Ad ogni modo ne Il Sistema di Mel gli arrangiamenti sono meno secchi e perentori, preferendo una leggera melodia di fondo che ben s’intona ad un cantato-predicatore vorace e livido come potevano suonare i Sonic Youth di trent’anni fa. 

Riempimi la testa con un mare di cementoDischi del Minollo, Scatti Vorticosi Records e Audioglobe accompagnano nella distribuzione Il Sistema di Mel in questa avventura che sa finalmente di consacrazione, poiché in questo lp si raccolgono con grande fierezza le lezioni intraprese nei tre precedenti lavori (una demo e due ep). Calcando la mano sulle tematiche e sull’indagine umana, il quartetto bresciano trova nella figura dell’internato (a cui vengono dedicate espressamente almeno due canzoni), un’ombra amica, una fonte d’ispirazione, una cavia da esaminare in tutti quei comportamenti, che nient’altro sono che le quotidiane paure che viviamo ogni giorno. Curioso è anche l’alternare differenti punti di vista, ne Canzone di un internato il tono è rabbioso e sostenuto, un flusso di coscienza limpido e senza retorica, ove vengono vomitati i dubbi e  incertezze, senza che una sola risposta possa saziare le richieste dell’internato. Nemmeno vestendo panni diversi, in  Canzone per un internato, quelle domande trovano del conforto o delle briciole di speranza, diffondendo al brano una sorta di eterea sospensione quasi shoegaze nelle intenzioni. Tuttavia Riempimi la testa con un mare di cemento non è un disco pessimista o languido: possiede quella fermezza e quella testardaggine verso l’immutabilità delle cose che ci circondano, cogliendo immediatamente una lezione importante: le cose non cambieranno mai da sole, se prima la forza del mutamento non passerà per la mano del rivoluzionario e della sua tribù.
Giugno e Timing riflettono sulle meccaniche sociali a cui siamo “sottomessi”, spogliando di facili allusioni un cantato sempre secco e tagliente, calandosi in profondità nelle piccole feritoie della vita, toccando il fondo o andandoci abbastanza vicini. Le orme di metà disco è una delicata confessione che abbassa appena i volumi nell’incipit iniziale, per poi esplodere progressivamente in un vortice di distorsioni e di effetti di modulazione. Il trittico successivo scorre veloce attestandosi sotto i 3 minuti: il ringhiare scomposto di Difetti produce solchi ben definiti, mentre in Fine è una ritmica frizzante a farla da padrona, reggendo quasi interamente la struttura del brano e concedendo alle chitarre qualche dinamismo più spensierato. Capitolo a parte per la piccola Nuova, ove Il Sistema di Mel azzecca tutti gli ingredienti per un brano emotivo e coinvolgente, che non rinuncia a graffiare ed al medesimo istante accarezzare l’ascoltatore: personalmente il miglior momento del disco per equilibrio ed empatia!

Chiude Neve, manifesto finale di un concept maturo ed ambizioso, che non si nasconde sulle malattie di questa generazione facendone un disco più che onesto (come ahimé così fan tutti!), ma rimarca alcune delle tematiche uscite dalle precedenti 7 tracce, scegliendo il “dramma” del lavoro interinale come cartina tornasole per fotografare l’incertezza che aleggia in questi anni: l’internato è ciascuno di noi, inutile girarci intorno!
Riempimi la testa con un mare di cemento è un missile che potrebbe portare Il Sistema di Mel ad abbracciare una fetta di pubblico più ampia e meritata, abili a non cavalcare l’onda indie borghese delle facili emozioni e degli scontati tormenti: una fierezza ed una perseveranza che spero possa servire anche a molte altre giovani band! Continuate a suonare!

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I Dischi del Minollo sito ufficiale

recensito da Poisonheart

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