Petali Ridenti – Mathì

Mi sono interrogato a che punto sia la poesia italica nel ventunesimo secolo. E l’ho trovata lì, con una flebo al braccio e la bombola d’ossigeno a fianco al letto di morte. Dice che oggi sta un po’ meglio di ieri, ma se non ci mettessi il cuore, sinceramente affermerei che baleniamo nello sconforto … e contiamo i minuti … tic … tac … tic … tac …
Tuttavia un “risveglio epico” lo propone Mathì, giovane progetto-poetico napoletano, nelle cui vene scorre quello che la maggior parte di scrittori e scribacchini italiani non hanno: l’immaginazione! E a quanto sentito su Petali Ridenti, potrei quasi affermare che la musica ha guadagnato un talento limpido, e la narrativa poetica se l’è lasciato scappare!
Anche se va detto che dal punto di vista artistico, le parole assumono il ruolo principale, relegando l’appetito strumentale a semplice richiamo per l’evoluzione delle trame lanciate in questi quattro brani che compongono l’ep.

Petali Ridenti - MathìUna matrice acustico-sognante, vacua e dolce nella sua discesa, in bilico tra un velluto onirico e un omaggio alla quiete naturale: difficile riconoscerci generi, ed in questo caso si supera il concetto di pop o rock o blues che sia, il tutto è impastato con la recita ed il cantato dei versi, in modo che l’uno non possa fare a meno dell’altro. In virtù di ciò, ecco che per sviscerare  questo disco, bisogna considerare come cosa indissolubile parole e musica, entrando così nell’universo dei Mathì: un mondo che loro stessi definiscono “metafisico”, ricchissimo di riferimenti, di illuminazioni mentali, con un sapore melanconico-romantico intrecciato di conflitti. Mathì come simbolo-musicale univoco, usa metafore che appartengono ad un mondo impossibile, fatto di eroi e di valori sconosciuti oggi, come  l’onore e il rapporto con la Natura, e le adopera per spiegare il vuoto dei giorni contemporanei, ma senza nessuna morale o soluzione personale!
Due Lune, apre con un organo lievissimo che gocciola di rugiada per poi spegnersi alle parole di Mathì: un racconto dal sapore medioevale, ove l’eroe incatenato alle due lune chiama la sua controparte femminile dai capelli ancorati al terreno, in un immagine quasi in bilico tra Blake e Chagall. L’alchimia emotiva scambiata dai due, intrisa di disperazione ma pure di speranza, paraddossalmente è la chiave per la loro libertà (e forse per la nostra!). Una bella metafora su e per le relazioni interpersonali, che oggi vivono e proliferano oltre le distanze, ma pur sempre imbrigliate e filtrate da schermi inanimati e senza passione. L’isolamento e una certa alienazione sono temi cari in questo ep, come Cascata,un brano che il mio amico L’Eremita, apprezzerebbe. «Che felicità traspare dalla noia, quanta melma nasconde la gioia», un inno alla solitudine ed all’autosufficienza: concetti che oggi appaiono impossibili da realizzare (eppure conosco chi, vive proprio nel medesimo modo!).

Nel paese oltre le nuvole di Mathì, c’è un posto segreto ove discorrere con il proprio io: Cuore di Fata coglie l’accento più personale del personaggio poliedrico Mathì, in un voler ricordare l’infanzia e preservarla dal resto della vita: il narratore si trasforma nell’oggetto del proprio poetare … alla faccia degli alter-ego o degli avatar!
Si chiude con il manifesto metafisico per eccellenza, Sospiri di Vento, nel quale il rapporto con la natura viene elevato all’ennesima potenza, ne vengono sublimate le energie, ne viene gustato il nettare, il tutto per un sacrificio carnale che si manifesta in una metamorfosi obliqua che scivola via oltre tutte le certezze: e mi fa sospirare che è proprio un bel mondo quello dei Mathì!

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recensito da Poisonheart
 Poisonheart hearofglass

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