Paradisi Noir – Paradisi Noir

Il pianoforte scorre leggero come l’ondeggiare morto della corrente, e trascina a riva gli ultimi istinti ancora umani della statuina di fango chiamata uomo. Se spesso la musica si accontenta di poesia spiccia e abbottonata in schemi ritmici già prefissati, beh in questo caso è “il far poesia” che tiene con vigore le briglie e corre dove le pare. I Paradisi Noir sono un progetto a tre: Cristian D’Oria, Paolo Ornaghi e Andrea Mottadelli, infatuati dalle parole e dalla loro ombra, in un matrimonio fedele tra arti con i guanti bianchi.
Impossibile appiccicare un etichetta, ad una sorta di poetry-blues dall’atmosfera onirica, sublime, ma che sa evolversi e trasformarsi spaziando dal pop al rock sbucciato. I versi così attuali e intrisi di sana onesta di Ornaghi trovano la propria home, sweet home nella voce e nel piano di D’Oria, in un crescendo intenso ed di sicura presa sul pubblico. A rendere corposo il sound ecco la chitarra di Mottadelli e la parte ritmica dei Male di Grace (Henrico Pantano e Valerio Paronzini).
E se proprio volete esemplificare con un l’eufemismo maudìt: beh, ecco a voi un’effimera poetica da Paradisi Artificiali intrisa di catrame denso. La Mort en Noir sussurra …

Questo omonimo lavoro rappresenta senz’altro un esperienza nuova e molto pragmatica, nell’underground creativo della Brianza. Versi come schegge di verità che feriscono per la loro cruda espressione, sorpendono per la forza di alcune immagini, e fanno sicuramente riflettere. Animalgesico, ad esempio, si presenta come una cupa confessione interiore con la voce di un oscuro trasparente peccatore: alla luce della ribalta l’uomo, la vita, la compassione ed il dolore. Una disamina fredda, a tratti cinica, sulle maschere e sui teatrini dei massimi sistemi della cultura occidentale, con un pensiero particolare, quasi uno scherno, al quel povero cristo crepato in croce. Un senso di impotenza latita lungo tutto lp, i Paradisi Noir giocano con fantasia e cronaca: un incidente cromatico intenso, profumato di vita e di morte.  La viscerale poetica di Cuore lascia senza fiato per la sua critica estrema al consumismo e come questo porti alla vampirizzazione della mente: «e l’intellettuale non fa nulla, e non combatte, pretende e finge».  Un senso sociale molto spiccato evade dal panico claustrofobico dell’oscurità, e cela speranze: un modo di scrivere lucido, sofisticato che a tratti mi ricorda il più libero Majakovskij.

Astratta Espressione indossa i panni di un brechtettiano trip dalle sfumature rockeggianti, nel quale il piano si mimetizza sotto un granitico muro sonoro che  concede fulminee incursioni quasi garage, per poi tornare in madrepatria. Ma c’è pure spazio per scorribande più accessibili come in Destino o in Gira la Testa,  dalle movenze di un allegretto che rimira la semplicità delle piccole cose. Tratti quasi pop nella ballata acustica di Fata di Luce, nel quale il sapore latino corrompe e obbliga a leccarsi continuamente le labbra. Da citare  Senza mai morire,  blues pazzoide dall’abito vagamente swing … eh no, la poesia non ha mai avuto una cornice tanto interessante!

E tanto per rimarcare la fierezza di esser artisti, i Paradisi Noir esportano la loro rima maledetta al festival della cultura europea di Budapest, dimostrando che nel Belpaese c’è ancora un briciolo di cultura.  Non perdete tempo al cinema, andate a vederli dal vivo … esperienza interessante!

 Paradisi Noir myspace
Paradisi Noir rockit

recensito da Poisonheart
 

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