Nu-Metal: quando la “rivoluzione” passa per Mtv

Non mi nascondo sotto facili retoriche: questo articolo è certamente ispirato alla recente morte di Chester Bennington, voce graffiante dei Linkin Park. Prendendo spunto dalla tragedia, ho riflettuto, cercando di tirare le somme su quella stagione nu-metal caduta -come i millennials– tra la fine dei gloriosi anni novanta e l’inizio dei duemila, che ha influenzato anche grazie all’esplosione di Mtv Italia, molti -oggi- giovani trentenni.

Walk This Way Run DMC AerosmithDubito che Rick Rubin nel lontano 1986, nel tentativo di risollevare la carriera degli Aerosmith, potesse prevedere che il rivoluzionario duetto con i Run DMC, avrebbe avuto conseguenze quasi diec’anni dopo (ma solo dopo la morte del grunge!), influenzando e creando praticamente un genere musicale. Walk this way non alcun ingrediente di quello che sarebbe stato il nu-metal, piuttosto rappresentava una versione cool del solito hard-rock trito e ritrito di Tyler & Perry, coadiuvato dalla freschezza del rap newyorkese, come a suggellare (a livello commerciale) l’incontro tra due opposti universi musicali. Quell’eredità fu tuttavia coltivata e portata avanti, sotto stili più personali ed efficaci, nel corso degli anni novanta da band culto negli Stati Uniti come i Faith No More, i Jane’s Addiction, nel quale la sinuosa componente funk sostituiva la melensa poltiglia hard-rock, e anche grazie ad effetti (il pedale Whammy della DigiTech, nato nel 1989) che coloravano di sfumature mai sentite la chitarra di Tom Morello dei Rage Against the Machine.
A completare il quadro di quel periodo, che correva parallelo alla rivoluzione giovanile del Seattle sound, un deciso revival heavy, sostenuto soprattutto dal thrash metal della Bay Area, nato nella prima metà degli anni ottanta, ma rivitalizzato da qualche buon disco di band simbolo come Slayer (Season in the Abyss, 1990) e dal “black album” dei Metallica. L’Ozzfest di Ozzy Osborne, qualche anno più tardi raccolse tutta questa eredità e la promosse (sotto diverse sfumature), rendendo fertile  e mainstream il terreno per il proliferare di una nuova generazione “diversamente metallara”.

Follow the Leader Korn nu-metalSe dobbiamo dare però un nome al “colpevole” della nascita del nu-metal, questo è sicuramente Ross Robinson, produttore dell’esordio dei Korn (1994) e di qualche traccia dei Deftones in Adrenaline (1995), ponendo le basi per quello che sarebbe detonato successivamente con i Limp Bizkit (Three Dollar Bill, Yall$, 1997) e gli appariscenti e sinistri Slipknot. I nomi snocciolati sono abbastanza diversi tra loro, poiché se la fortuna (o sfortuna) dei Korn si basava sulla voce di Jonathan Davis ed alla forte componente baritona ed heavy di basso e chitarra, nei Deftones l’approccio graffiante e sporco poteva trovare proseliti negli orfani del grunge, mentre Limp Bizkit e Linkin Park prediligevano l’alternarsi di parti rap a scariche di chitarre distorte ed a qualche campionamento, prendendo dal corporate punk californiano il dinamismo ed una discreta fetta del loro pubblico. Freak on a Leash (dal vendutissimo Follow the Leader), Take a Look Around (soundtrack di un dell’altrettanto pomposo Mission Impossible 2), Toxicity (dei facilmente riconoscibili System on a Down), In the End divennero tra il 1997 ed il 2001 le uniche alternative rock al proliferare maestoso del hip hop ed al successo evanescente delle boy band o delle lolite del pop.
Ma qual’è stata la reale percezione del fenomeno nu-metal ? Negli States, con vista in Times Square, il programma di Mtv TRL monopolizzò quella generazione, dividendo la programmazione tra Backstreet Boys, Britney Spears e nu-metal, offrendo poche possibilità al giovane ascoltatore che riteneva inascoltabili i primi due. Così per molti adolescenti, il nu-metal è stata la prima porta verso il rock, anche grazie agli infiniti riferimenti che questo genere portava in dote (dai Black Sabbath, passando per la NWOBHM, senza dimenticare qualche contributo dell’industrial americano); magari abbassando il livello qualitativo della musica ed abituando l’ascoltatore ad muoversi nei tempi predefiniti (ed abbastanza scontanti) di ciascun brano.
In Italia le cose non potevano essere diverse: la mia personale tarda adolescenza venne investita da questo fenomeno, senza tuttavia lasciare troppi strascichi (fortunatamente avevo solide basi grunge a proteggermi!), tuttavia riconosco che molti altri non hanno avuto la mia stessa buona e malinconica stella. Così durante i pomeriggi di Mtv (poiché le radio non trasmettevano sovente rock e youtube non esisteva ancora!), capitava di veder passare troppo spesso “mostri” come Youth of Nation dei P.O.D. o Buttefly dei Crazy Town (ricordo, cover dei Red Hot Chilli Peppers) e di provare un senso di scoramento per il livello raggiunto dalla musica: le band nu-metal di seconda generazione (quelle senza la gavetta di Deftones o Korn) raccolsero molto di più dei predecessori in termini di vendite, eclissandosi però immediatamente al primo album (o singolo!).
Hybrid Theory Linkin Park Nu-MetalEppure le cose non andarono molto bene neanche per i gruppi più rodati; lo scontro con il mainstream e le richieste delle major portarono ad una discontinuità qualitativa che mal di adattava all’esigenza delle vendite delle grosse etichette, che iniziarono progressivamente ad indebitarsi, lasciando anche per strada alcune band. Dopo i fasti di Follow the Leader e Issues (1999) i Korn scoppiarono, perdendosi definitivamente tra dipendenze e problemi di salute; ai Limp Bizkit le cose non andarono meglio, raccolto il successo di Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water (per alcuni la loro My Way eclissa la My Generation degli Who, de gustibus!), Fred Dust si dedicò a qualche comparsata cinematografica, forse per addolcire i molti detrattori del cantante che ne minarono la carriera. I System of a Down sopravvissero agli anni 2000, anche grazie all’accoppiata MezmerizeHypnotize usciti a distanza di pochi mesi nel 2005; carriera più longeva per i Deftones (che comunque in Italia non raggiunsero mai il successo dei nomi sopracitati) che hanno trovato la loro ragione d’essere anche grazie ad una composizione un po’ più ricercata, anche i Linkin Park sopravvissero (almeno fino al triste 20 luglio 2017) alle vendite di Hybrid Theory (2000) e Meteora (2003) rimpinguando gli anni 2.1 con una folta e puntuale discografia che non aggiunge nulla a quanto già fatto nel triennio d’oro.

In ultima analisi, credo fermamente che nonostante tutti i limiti insisti nel genere (almeno per un orecchio fino), il nu-metal sia stato un passaggio non trascurabile nella musica recente, un fenomeno che ha avvicinato al rock milioni di giovani che rischiavano di rimbambirsi dai balletti degli N’sync o dalle pose ammiccanti delle ex-reginette Dysney del pop. Facile nell’ascolto, dall’adrenalina pungente e rutilante, il nu-metal ha preso la sottile teenage-angst dei primi anni novanta e ci ha aggiunto qualche buon sample, due o tre power-chord convincenti e qualche reppata sincera: il risultato è forse magro, ma non è da buttare, specialmente se questo ricorda quell’agrodolce adolescenza di molti trentenni d’oggi.

La Firma: Poisonheart

 

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