Night/Flood (ep) – Franky Maze

Era una notte buia e tempestosa, perfetta per mettersi all’ascolto del blues cupo ed allegorico di Night/Flood by Franky Maze (alias Francesco Mazzi) in uscita in questi giorni. Già chitarrista degli ipnotici The Giant Undertow (andateveli a cercare, le loro trame di nichiliste meritano davvero!), Franky Maze intraprende il capitolo solista omaggiando le origini remote del blues, quello del delta, dei canti spiritual e delle mille leggende del sud. Eppure il rimando al blues è solo un eco lontano, un viscido rigo di confine tra il sacro ed il profano: borderline, tra riferimenti biblici (con un eclettico tono alla Johnny Cash), scivolate folk, ed una tenebrosità da crooner consumato.
Franky Maze Night_FloodSlide ed arpeggi dal sapore agrodolce invadono ciascuna delle cinque tracce di Night/Flood, che curiosamente allinea la prima e l’ultima parola del disco, come a chiudere un cerchio sacro, ove ogni ballata si completa con se stessa. Piuttosto minimale negli arrangiamenti, Franky Maze gioca molto sulla ritmica della chitarra, colorando di sfumature noir un’essenza blues che aleggia con calore e venerazione. Dark was the Night, ad esempio rende omaggio all’avo del blues Blind Willie Johnson (Dark Was the Night, Cold Was the Ground), giocando dapprima con la spigolosità morbida del mandolino e la scioltezza del tamburello, per poi inspessire il sound con un effetto d’archi (via tastiere) e sovra-incisioni di chitarra. Quella tensione oscura dei juke-joint sudisti degli anni ’30, viene rimodellata ed aggiornata in Great Sleeve verso una sinistra ballata dagli accenti sciamanici; il cantato asciutto e distante non attenua quell’energia primitiva che il blues non ha mai smesso di portare in dote.
La cantilena di Wayfaring Stranger (classico della tradizione americana reinterpretato fra i tanti da Tim Buckley e Dusty Springfield) ricorda come i fardelli sulle spalle di un uomo non sono mai cambiati e che la redenzione è merce rara e faticosa da conquistare. In un percorso formativo di questo tipo, il piglio solenne è mantenuto con una bellissima lentezza esecutiva, che diluisce l’originale forza evocativa del racconto spirituale: ancora una volta buoni gli arrangiamenti, ed un timbro di sei corde che a questo punto è quantomeno riconoscibile. Tornano i rintocchi puliti di mandolino in Alice, come una pausa rigenerante e rilassante dopo le salite cromatiche dei precedenti brani; mentre nella conclusiva Love Is the Flood il richiamo darkeggiante si fa vispo ed articolato. Un finale che non t’aspetti, aperto ad echi ed atmosfere nebbiose ed intrise di un rallentato pathos mezzo-wave; distorsioni e feedback lontani saettano sparuti, mentre un cantato sofferto evoca segnali di liberazione.

Night/Flood è un grande omaggio alle note maledette del blues, alle sofferenze dell’uomo ed ai suoi silenzi, ove cercando un dio o qualcos’altro, alla fine si ritrova sempre una parte di se stessi, perdendone inconsapevolmente un’altra. Ma questo Franky Maze lo sapeva già dall’inizio …

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recensito da Poisonheart

   

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