Movion – Movion

I Movion sono un trio che dalla provincia di Torino vomitano suoni, articolano trame, approcciano distorsioni, muovendosi talvolta in simbiosi, talvolta enfatizzando ognuno le proprie attitudini. Se di questi tempi i trio chitarra-basso-batteria e tanti loop vanno di moda, i Movion preferiscono ancora suonare i propri strumenti, ricercare, spingersi ogni volta un centimetro più in là del consentito, e questo omonimo esordio di rosso vestito, conferma la serietà di un progetto che non ha bisogno di melodie vocali, di testi divertenti o di tanti oh-oh-oh.
Antonio Vomera (basso e synth), Alessandro Angeleri (batteria) e Nicolò Tamagnone (chitarra) in questi nove brani che completano il loro esordio, imprimono una spinta centrifuga che ha come fulcro il rock sperimentale, toccando vari generi dall’art, all’indie, passando per infatuazioni più underground e qualche venatura anni ’80.

Movion self-titleLa difficoltà nel collaudare brani senza una base melodica vocale, vengono superate dalla grande varietà di suoni e dalla capacità quasi naturale di cambiare tempo e dinamiche, facendo sì che siano i riff di chitarra o basso o i beat delle percussioni a parlare e a raccontare una storia. Eh già, poiché i Movion all’interno di questo disco raccontano tante storie diverse: gli indizi sono disseminati e talvolta nascosti entro le trame sonore che a volte s’intrecciano ed altre volte si separano. E’ attraverso le impressioni che i Movion raccontano sé stessi, i loro pensieri, e ciò che li circonda, facendoli apparire come saggi ed articolati cantautori strumentali. Ogni brano è bilanciato, mai sopra le righe e mai con la tentazione di esagerare in pasticci rumorosi nel quale l’energia viene dispersa in pennate ruggenti e distorte. Sono ballate elettriche ragionate, impastate di una tarda nostalgia a volte, consapevoli della difficoltà e diffidenza del percorso musicale intrapreso. Non ci sono slogan, non ci sono ritornelli, non ci sono occhiate maliziose! La sperimentazione del sottosuolo vince, un po’ come tutto quel rock underground della seconda metà degli anni ottanta, definitivamente esploso in quel mitico 1991 (“L’anno in cui in punk spaccò“, recitava un bellissimo documentario).

In Achille, The Tourtle, and Misfortune, il paradosso di Zenone viene raccontato e rovesciato dapprima attraverso atmosfere pacate ed intestine, per poi enfatizzare una tensione quasi ancestrale nel dialogo tra basso e chitarra, che d’improvviso sfocia in un repentino alzarsi dei volumi quasi a presagire che forse Achille raggiungerà con ampie falcate la tartaruga; poiché di questi tempi non c’è fortuna per i più deboli.
La grande novità dei Movion è quella di permettere all’ascoltatore di interagire con la propria musica, trasformandosi in narratore fantastico e sognante sulle trame che il trio vuole esplorare. Ad esempio Red Moquette, anche grazie ad un riff portante tanto languido quanto vivace, la sete di malinconia si fa avida, quasi decadente; mentre in Vaccum una tensione crescente fa da colonna vertebrale per l’intero brano che si muove tra riff cobalto alla Johnny Marr e movenze elastiche alla Lee Ranaldo.
La ballata eterea di Janis Joplin’s Toothbrush presto si trasforma in un elaborato rock con venature di synth che galleggiano in un cielo denso di effetti e di buone soluzioni ritmiche, che hanno come ideale continuazione la successiva So Sweet, so Dead, che già anticipa impressioni e sensazioni dolci e funeree concentrate nella stessa caramella rock.

Spazio ad una sperimentazione più azzardata in Almost Human, come anche in Building Block nel quale progressivamente ci si allontana dai suoni canonici per ritornare volutamente alle origini con ritmi più sghembi, più tribali e grezzi. Una ricerca fine e sottile che non fa che confermare la passione dei Movion per quello che stanno facendo, con la recondita speranza di trovare dall’altro capo ascoltatori ricettivi pronto a raccoglierne l’anima.
Chiudo con le ultime due tracce: la narcolettica e stagnante Isn’t it too Dreamy e la ruvida Gun, nel quale si possono udire lamenti lontani affogati in un groove molto deciso e che ad un tratto si placa come a ritirarsi lentamente entro il proprio dolore. Arazzi scarlatti per una musica che viene dal cuore, indipendentemente da quali influenze o infatuazioni provengano (per questo ho evitato di fare troppi paragoni con nomi più altisonanti!), poiché i Movion con questo debutto vogliono gettare le basi per creare (e capire come arrivarci) ad un loro sound direttamente riconoscibile: non sarà impresa banale, anche perchè non sempre è facile fare arrivare tali impressioni all’ascoltatore, ma in questo esordio le buone premesse ci sono tutte.

Movion bandcamp
Movion facebook

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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