More than your mouth can swallow – Hollywood Noise

Il revival anni ottanta che in questo periodo somiglia ad una pandemia isterica, contagia anche la musica. Tuttavia, pulitevi la mente dal cliché del paninaro o dalle ragazze dai capelli cotonati; qui stiamo parlando di rock, infatuato come una scolaretta dall’hair-metal più frizzante e da una velocità d’esecuzione che si avvicina ad un timido post-punk. I torinesi Hollywood Noise sono un quartetto che s’impone per il loro mix di rock “pomposo” e di un self-control che li porta ad esplorare confini che altri non si degnerebbero di considerare. Tecnicamente prendono tutto ciò li serve dal metal commerciale della seconda metà degli anni ottanta e oltre, con un sound complessivo che non si prende mai troppo sul serio. La retorica, che band come Mötley Crue o Guns ‘n’ Roses promulgavano con orgoglio, è pressoché assente in questo compatto ep, More than your mouth can swallow; questi giovani ragazzi scelgono deliberatamente soluzioni estreme, facendo convivere assoli hair-metal tirati con un garage leggermente svampito ed alcuni richiami wave, senza precipitare nel burrone della commercialità più infima e più scontata. Una poltiglia che all’ascolto è piuttosto piacevole: suona rock ma può essere assunto da tutti, dai metallari duri e puri ai meno esigenti (e mi fermo qui!) ascoltatori di Sweet child of mine et similia.

Curiosamente, Storm in a teacup contraddice tutto quanto detto sopra: un blues aggressivo, fatto di pelle scura vissuta, azzardo on the road senza compromessi. Questo perlomeno dimostra la versatilità di una band che rimane comunque coerente con la propria idea di rock, nonostante in questo brano si immerga anima e corpo in atmosfere tipicamente seventies. Crash inizia con un turbinio di batteria che concede qualche secondo di pogo, approdando ben presto in un rock veloce, movimentato, con le solite velleità anni ottanta. Don’t wait non cambia registro, cantata sempre con quell’enfasi da rocker seducente e spaccacuori, con l’uso del backing vocals che aumenta esponenzialmente questa sensazione. Dr. Cock, invece, è il ponte immaginario che lega l’evoluzione del rock ‘n’ roll dagli anni ’70 agli ’80; a tratti sembra influenzato tanto dai primi e più veri Kiss quanto dal progressive più abbordabile. Un plauso per il miglior brano dell’ep.

Chiudo con Goin’ to the dogs, parentesi minore e personalmente scontata, che celebra oltremodo con riff ad hoc un machismo già visto e sentito. Calzante per i cori di risposta del pubblico, è probabilmente il brano più orecchiabile, anche se limita molto le prospettive di una band che non si limita a suonare del buon rock.
Gli Hollywood Noise mostrano buoni propositi da affinare con l’esperienza on the stage, l’energia certo non manca e nemmeno le abilità tecniche … un provino convincente, aspettando il grande salto con un lp magari che azzardi più nel rhytm ‘n’ blues o in sonorità più eccitanti ; eh eh eh non ci sono anni ottanta che tengano!

 Hollywood Noise myspace 

recensito da Poisonheart

 

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.