Mixing Berries – Honeybird & The Birdies

Un succo di frutta per tutte le stagioni, per tutte le lingue, per tutte le razze. Sì lo so, da anni si sente parlare di globalizzazione, peccato che nessuno ne abbia colto il “vero” significato, associandolo sempre più spesso ad omologazione celebrale, attitudine che ha fatto precipitare pericolosamente la curiosità e il piacere della scoperta e bla bla bla …
Honeybird & The Birdies è un esperimento (riuscito!) di musica cosmopolita, e senza quelle fastidiose ed insignificanti infiltrazioni verso la musica mediterranea o verdeoro. Una buona dose di ironia accompagna l’ascolto di Mixing Berries, (il primo concept sulla lettera “B“), un lavoro che definire camaleontico è perlomeno un eufemismo.
L’estro poliglotta di Honeybird genera un effetto domino che contagia il basso e la batteria modellati dai Birdies, in una cascata sonora colorata, cosparsa di gioia e furore per la musica. Sulla carta sono un trio, e non si direbbe dall’ascolto corposo e pieno del disco. Da Catania a L.A. con punto d’incontro Roma:  il gps racconta una bella storia, su come una cantante-artista giramondo ma di origini californiane si stabilisca nella capitale italica e ne venga sedotta dall’aroma e dai profumi.

Mixing Berries - Honeybird & the BirdiesArrangiamenti sontuosi per un tappeto sonoro intricato, avvolto filo su filo, strumento su strumento. L’esperienza internazionale di Honeybird è la chiave di volta per una base variegata, che attinge principalmente dal folk in tutte le sue forme e dimensioni. Cocktail servito ghiacciato, con l’incursione di suoni ridipinti sotto lo schema compositivo della band; oltre alle percussioni ed alle quattro o sei corde, ecco che fa capolino il charango (direttamente dalle Ande) o i meno estroversi e più da “vecchio continente” fiati. Il disco come si diceva, dall’onnipresente “B” (vedasi apertura e chiusura circolare), propone un tour mondiale in un minutaggio accessibile per chi non si decide mai a cosa mettere in valigia; e di primo acchito si rischia l’indigestione di generi, ognuno dei quali mantiene viva la propria personalità. La Bete Moufette parla con uno slang groove a chiazze, e sembra che salga le scale del paradiso. Un burlesque livido, vagamente jazzato dal passo caldo, per non dire latineggiante, vintage senza esagerare ma pulito nella sua forma canzone. Orecchiabile e femminile, a tratti sghembo il ritmo di Don’t trust the butcher, dalla bocca impastata e dai riff che come virgole impazzite evaporano come neve incandescente da un cielo slide e pizzicato. Dall’effige giocosa e sensuale è Quemby the Queen Bee, un soul ritmato di naufraghi pop, mentre Tommy appare come una ballata dalle movenze medioevali, se non altro per i fumosi esercizi da mandolino: sicuramente il pezzo che eccelle nel disco.
Si prosegue il girovagare folkloristico con B (an homage to the bagel), come un omaggio complesso e speziato all’est sud-est asiatico. Impossibile non citare  Sexy tour guide, un funky maturo dall’aura acustica, passionale, speziato ed ironico nella sua scheletrica modestia. Veramente ce n’è per tutti i gusti: impossibile da etichettare, e non banale all’ascolto. Bisogna mettersi di buona lena per apprezzare un lavoro che sembra vintage ma che in realtà è un modello per quello che avrebbe dovuto (forse potuto) essere il folk del nuovo millennio!  

 Honeybird & The Birdies sito ufficiale
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Sub Terra label sito ufficiale

recensito da Poisonheart
 Poisonheart hearofglass

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