Midwest – Give Vent

Lo sfogo prolungato di Marcello Donadelli (Give Vent) è uno di quelli contagiosi, di quelli un po’ puerili, che ti fanno saltare sul letto come un ragazzino adolescente; ma è pur sempre uno sfogo autentico e sincero. L’ep Midwest (per la diNotte Records) è fatto anche di queste sensazioni, in uno spirito lo-fi genuino e purissimo: chitarra e voce che rotolano dalla scogliera dei sentimenti, con la stessa noncuranza e lo stesso impeto di quelle azioni spontanee e fatte senza pensarci troppo.
Midwest - Give VentCinque brani compatti (di cui 3 cover) che non nascono da esigente discografiche, ma sono spinte dall’urgenza di comunicare qualcosa che risiede nel profondo di Give Vent: la stessa voragine che giace in tanti altri passionali ascoltatori. Riavvolgere il nastro del passato -a volte per puro masochistico piacere- e ritrovare pezzi di canzone e pezzi di se stessi, comprendere il tipo di ferite subite e constatare come si sono rimarginate, leggere a ritroso la strada percorsa e vedere oggi ove si è arrivati. E’ un grande atto di personale onestà, questo Midwest, che forse non passerà alla storia per la fine ed accurata produzione o per la complessità degli arrangiamenti dei brani, ma funge sicuramente da resoconto di vita vissuta, a cui è possibile immedesimarsi e, perché no, ispirarsi!
Un do-it-yourself endemico trapassa le singole tracce del disco, registrazioni casalinghe spontanee e senza troppe “macchinazioni” da studio, un mezzo side-project che può fungere da rampa per le future evoluzioni di Give Vent, dopo le buonissime premesse di Days Like Years (2016).

Ad aprire le danze ecco il folk sgraziato di December, con quella sua andatura da college-ballad, mentre la chitarra squilla nelle sue rapide pennate e la voce -a tratti stridula, a tratti roca- rivela che tutto quello che Give Vent butta fuori, viene da un posto nascosto in fondo al cuore. Il pathos si evolve da subito, verso un coinvolgimento che è naturale e spontaneo; ove alienazione e teenage angst sono passaggi assimilati e già cauterizzati. Poi, ecco tre cover di fila che rappresentano il legante tra il passato ed il presente: un ponte di ricordi e di emozioni che solo la musica può condensare. La passionalità fugace di Woodland Hunter (pt.1) (dagli slanci emo dei The Appleseed Cast), passando per la più ruvida Holiday (dei poco conosciuti The Get Up Kids) e toccando l’apice emotivo con la sofferta e meravigliosa Hourglass dei At the Drive In.  Tre scelte non casuali, che si possono commentare come una naturale evoluzione del post-punk americano scivolato dentro gli anni novanta: composto da una buona dose di emo-core, di valori imprescindibili (amicizia ed fedeltà) e di un difficile rapporto con la propria parte oscura («I’m all alone so far up here / And my oxygen’s all gone»).

Così il livello di immedesimazione non può che fondersi completamente con la conclusiva Midwest, ove testardamente Give Vent racconta ancora di quei ricordi nostalgici e dolcissimi allo stesso tempo, con un tono appena malinconico (ma anche piuttosto rivelatore), per poi ritornare, autorevole, alla realtà di tutti i giorni, in quello che è stato un breve, ma intenso, flash-back della memoria.
Se Midwest è l’esigenza estemporanea, di basso impatto ambientale e magari propedeutica al prossimo lavoro in studio, allora non resta che sfregarsi le mani, le potenzialità per bissare Days Like Years ci sono tutte!

Give Vent facebook
Give Vent bandcamp
diNotte Records sito ufficiale

recensito da Poisonheart

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