Low-Fi (Ep) – Low-Fi

Bassa-fedeltà: una pratica che non avrebbe molto senso in un epoca digitale/cibernetica insaziabile e fagocita giovani. Eh, i bei tempi degli esperimenti figli del do-it-yourself alla Lou Barlow sono passati e non lasciano praticamente traccia nella memoria della discografia italiana. Quindi sorvoliamo su deframmentazione sonora, caccia al rumore, feedback, ubriacanti jam intrise di groove, distorto e maniacale; insomma tutti prodotti metropolitani e costipati. Beh, i napoletani Low-Fi probabilmente nemmeno erano nati quando un  Thurston Moore alle prime armi, imbracciava goffamente la chitarra e si lanciava in lunghe e vorticose discese noise. Perciò quanto detto sopra va depennato con matita rossa, in questo ingegnoso mini (Low-Fi ep) non ci sono quegli elementi di isolamento, claustrofobia ed alienazione che caratterizzarono la meravigliosa no-wave newyorkese. Ce ne sono di altri. Più attuali, più comuni ad un indie-rock commestibile, simile per certi versi alla banda di Julian Casablanca. Riff nervosi, singhiozzanti, capaci di creare una buona miscela elettro-punk, con qualche reminiscenza nichilista, seguendo un filone sotterraneo ma molto voga in un Italia cupa e pensierosa, indie ma non troppo.

No morning concede all’ascoltatore la summa dello stile della band. Graffiante al orecchio, buon basso in rilievo, armonie lineari senza abusare dei cambi di tempo. Un brano ballabile ma di sostanza: i Low-Fi vincono l’eterno compromesso! Garage Floor porta in dote una dose sfacciatamente alla Stokes, anche se nell’evoluzione del brano il range delle influenze s’abbandona alla completa libertà, toccando punte interessanti. A tratti ricordano gli U2 di Boy con alle spalle potenti amplificatori. Wrongness percorre binari analoghi, rischiando pericolosamente di perdersi nell’anonimato. Un buon brano certamente, ma come tanti: sostanzialmente manca l’ingrediente per il salto di qualità.
Con toni mai sopra le righe, la band racconta con onestà un rock apprezzabile per l’impegno; senza creare nulla di nuovo o eclatante,  tranne che per l’ecclettica Something, una coraggiosa (e personalmente inaspettata!) prova di maturità che racchiude in sé un pochino di Muse e di Radiohead.
The White Lane rappresenta la parentesi più vintage, meno razionale e forse migliore dell’intero ep. L’essenzialità di chitarra-basso-batteria non è mai fine a se stessa, anzi, a tratti creano un turbine sonoro avvolgente, appetitoso e mediamente variegato. Interessante sentiero anche per un futuro prossimo …

Un ep sopra la media, tutto sommato, che senza mostrare troppo i muscoli presenta con un sound corposo e tirato. Un buon punto di partenza per un  lp che scalcia nel grembo, ma che dovrà marcare maggiormente la pista della sperimentazione; e certamente la lunga e soddisfacente tournee europea porterà consiglio!

 Low-Fi myspace

recensito da Gus
 

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