La Salvaguardia dello Spirito Giapponese: Yukio Mishima

«Sia per un uomo sia per una donna, “essere amati” era ben diverso da “amare”. Consapevolezza, questa, a cui Taeko arrivò solo dopo aver conosciuto Senkichi. Erano sentimenti che appartenevano a universi diametralmente opposti e Taeko, fino a quel momento, non si era mai scontrata con una verità tanto terrificante sugli essere umani. Insondabilmente è la gioia impetuosa che, chi è amato, avverte nel profanare se stesso; mentre chi ama, è condannato a seguire l’altro in una perpetua discesa verso le profondità dell’inferno»

La scuola della carne (Nikutai No Gakko), Yukio Mishima, 1963

 

yukio mishimaIl personaggio: Yukio Mishima (vero nome Kimitake Hiraoka) è stato una delle figure più controverse ed affascinanti della letteratura asiatica del dopoguerra. Dall’infanzia rigida e tormentata – il bambino viene sottratto in tenera età alla madre dalla nonna paterna che ne plasma carattere e passioni per la scrittura-, il giovane Mishima dimostra un precoce interesse per la letteratura scrivendo a 16 anni una prosa che richiamava lo spirito romantico giapponese (Nihon romanha) riscuotendo l’interesse di alcuni docenti seguaci di quel periodo. Laureatosi sotto insistenza del padre in giurisprudenza, dapprima ricopre un ruolo al Ministero delle Finanze, che successivamente abbandona per dedicarsi unicamente alla scrittura. Nel 1949 con Confessioni di una maschera (Kamen no Kokuhaku) trova il successo di critica attraverso un romanzo fortemente biografico, bissato da Colori Proibiti (1951) marcato da uno stile più maturo, che esplora le profondità dell’animo umano, trovando numerose analogie con la propria esperienza. Dall’orientamento sessuale piuttosto ambiguo  -nonostante il matrimonio con Yoko Sugiyama nel 1958 da cui nacquero due figli-, Mishima ha sempre incarnato e manifestato un patriottismo nostalgico verso la madrepatria, che con difficoltà si stava ridestando dagli orrori della atomica. Nella sua letteratura lo stesso patriottismo, l’onore ed una certa decadenza aristocratica sono temi centrali, come del resto anche un celato malessere romantico verso la condizione dell’uomo (forse derivata dalla sua mai accettata omosessualità). In aperto contrasto con il Trattato di San Francisco del 1951, che di fatto trasformava il Giappone in un protettorato degli Stati Uniti privandolo di un esercito attivo, Mishima fondò una sorta di organizzazione paramilitare nota come Tate no kai, composto da soli 100 giovani membri che ideologicamente avrebbero dovuto salvaguardare lo spirito della tradizione giapponese e dell’Imperatore, a cui Mishima stesso provava profonda fedeltà. L’epilogo tragico avvenne il 25 novembre del 1970, con l’emblematico gesto dello scrittore che assieme ad alcuni membri del Tate no kai occuparono l’ufficio dell’esercito, e dal cui balcone fece il suo ultimo proclamo, prima di suicidarsi con il rituale seppuku.

Lascito letterario: Considerato il delicato periodo storico di ricostruzione economica e sociale, le iniziali schermaglie tra il blocco sovietico ed occidentale e le peculiarità nazionaliste di Yukio Mishima; la sua opera giunse tardiva e non pienamente apprezzata in Europa, che comunque trovò in Alberto Moravia un lucido estimatore. Spesso additato come fascista, Mishima è stato l’intransigente difensore dello spirito tradizionale di un Giappone martoriato dalla guerra e le cui aspirazioni imperialiste erano state pesantemente ridimensionate dagli Stati Uniti; ma è stato anche un intellettuale che professava una apoliticità (come amava definirsi) solida e controcorrente rispetto ai fatti di quei primi anni cinquanta, che idealmente costringevano ciascuno ad abbracciare un blocco o l’altro. La scuola della carne (1963) è stato il suo ultimo romanzo, arrivato in Italia solo recentemente, ed in una certa misura descrive quell’aristocrazia nipponica oramai decaduta, nei gesti e nella parole della protagonista Taeko, dipinta con estrema dignità e rispetto. La relazione tra questa donna affermata ed un giovane gigolò, Senkichi , conosciuto negli ambienti omosessuali di Tokyo, rappresenta nient’altro che l’energia di tale tradizionalismo, capace di rompere le barriere sociali per affermare una passionale materiale (in questo caso carnale) dai risvolti insoliti. Le vicissitudini della vita, la fugace passione tra il giovane e Taeko, sfocia in un gioco dei ruoli avvincente ed imprevedibile, che contrappone l’esuberanza giovanile con l’eleganza e la fermezza della donna, sullo sfondo di un Giappone intontito ed in cerca del suo posto nel globo.

Riferimenti originali: citazione nel brano Morire dei CCCP Fedeli alla Linea «Ode a Mishima e a Majakovskij», risaltando l’ideologia e la dipartita di due grandi pensatori del Novecento.
 

«Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo»
dall’ultimo discorso del 25 novembre 1970

a cura de Il Gemello Cattivo
Il Gemello Cattivo heartofglass

 

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