Io non credo – Luminal

In un agglomerato umano (detesto il concetto di “società”) che somiglia infinitesimo su infinitesimo al mondo orwelliano, i romani Luminal cercano, armati di molotov, l’uomo: doppiando in curva il povero Diogene che ostinatamente gioca a dadi con Dio, nella sua capanna nel cuore dell’agorà metropolitana.
Ah, di certo se cercate un disco rassicurante, dalle buone maniere, dall’appetito digitale, allora non affaticate oltre la vostra vista e passate ad altro. Io non credo è l’urlo del neonato appena uscito dall’utero materno … lo stesso gentile pargoletto che secondo il sogno americano (poiché nel Belpaese non possiamo permetterci tanta immaginazione!) potrebbe diventare addirittura presidente, meglio se nero!

Io non credo - LuminalNel disco si intravede la tensione di una wave masticata e poi sputata senza sensi di colpa, e ne viene celebrata una fetta in Signore e Signori dell’accusa, alias un processo mediatico di un io contro io: Rimbaud probabilmente aveva ragione, “io è un altro”, ma non voglio niente a che farci, sembrano mimare in coro diatonico i Luminal. Alienazione al cubo (o 3D se preferite, ah!) nei confronti di una convivenza civile abbastanza fasulla, nel quale tutti coltivano il proprio orticello scandendo il ritmo di lavoro con fregnacce da reality show. Le bandiere bruciano in un incendio mentale, e il “non credere” diventa una via d’uscita o piuttosto una scelta di vita dannatamente difficile da portare avanti. E se il rock bussa alla porta ubriaco, le dinamiche della band assumono contorni lividi e spigolosi: una batteria possente ma lineare striscia sul pavimento ove chitarre agonizzanti tentano di risalire la corrente, in uno schema sufficientemente libero da non essere presto etichettato come un post-punk o un indie-claustrofobico. La title-track è una perfetta colonna sonora sul pensiero libero, e forse un poco anarchico (ammesso che abbia ancora senso parlare di anarchia!), nel quale archi e violini piangono le ultime lacrime di libertà, smosse da un basso sinuoso e risoluto. Se i primi due brani mettono già in chiaro le intenzioni della band, che riversa tutto il proprio sgomento verso l’uomo e la sua “evoluzione” con versi di una poetica lucida e coraggiosa, il resto del disco è una sassata che disintegra il cielo liquido che s’irradia verso le stelle. La band regge alla distanza e sopravvive alle proprie liriche acide, ed oltre la crosta ruvida rivive un cuore, come dimostrano le movenze eclettiche di Non è ancora finita Baby Blue, o il respiro acustico di Il giorno sulla collina. In entrambi i casi l’accuratezza negli arrangiamenti e lo sviluppo omogeneo dei brani cresce e s’intensifica ad ogni nuovo ascolto.

Le arie di Niente di Speciale smuovono un avant-garde schiva e introversa, sommersa da un caustico pessimismo che brilla per lucidità e verità: i Luminal non svelano nulla di nuovo, ma sono bravi a farci aprire gli occhi sul palese malessere di questa civiltà.  E la chiusura non poteva essere differente: Tutti gridano è finita rappresenta l’ideale sconfitto e mascherato tanto dal rimpianto quanto dall’alienazione … il libero pensiero si paga! Maledizione …  


Luminal sito ufficiale
Black Fading Records sito ufficiale

recensito da Gus
Gus heartofglass
 

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