Hey ho Let’s go … Ramones duri a morire (1978 – 1995)

Il mancato successo del 1977, ebbe indubbiamente un effetto depressivo nei sogni e nelle aspirazioni dei Ramones. Nonostante ciò l’album successivo, Road to Ruin, apparve sostanzialmente diverso dai precedenti lavori. Siamo nella seconda metà 1978 e l’ondata punk che ha investito gli USA ristagna e si perde via per sempre: i Sex Pistols non esistono più, i Dead Boys sono ad un passo dallo scioglimento, e chi doveva prendere il treno del successo lo ha già preso come hanno fatto i Blondie. Vendere il punk, nel 1978 non sembra più un affare redditizio: alle spalle c’è già precoce una generazione con in mano le tastiere che scalpita, Gulp!.
Road to Ruin - RamonesI Ramones necessitano del successo commerciale, perché una vita in giro per il mondo a fare concerti per l’auto-finanziarsi non appartiene all’immaginario della rockstar; i Ramones si affidano alla figura fraterna di Tommy, che si sposta alla consolle del mixer cercando di ammorbidire leggermente il sound che già conosce con atmosfere più distese, con chitarra e basso che offrono momenti decisamente più melodici. Tutto lo sporco, il ruvido e rauco del ’77 è mitigato da un approccio più radiofonico, perdendo inesorabilmente qualcosa in sostanza ed energia: ahimè, la stridente Morsite di Johnny è costretta a forzate pause acustiche! Road to Ruin può sembrare un azzardo ma probabilmente è un tassello fondamentale per quello che sarà il più deciso restyling della band. Dalla rivitalizzata cover di Needles & Pins alla più verace I wanna be seated: gli estremi poggiano su questa lunghezza d’onda e fanno intendere che l’approccio mordi e fuggi della band è mutato. Emblematica è Questioningly (consiglio vivamente di leggere il testo!) nel quale per la prima volta i Ramones superano i tre minuti di incisione. Se l’obiettivo in fase di produzione era di trasformare Road to Ruin in un album di successo commerciale, questo viene completamente disatteso negli USA, ricalcando quello che sarà un errore ricorrente nella discografia degli anni ’80.

L’attività frenetica dei concerti porta ai Ramones gli unici introiti sicuri. Suonando dai piccoli club di New York, ai palcoscenici più “ospitali” come al Rainbow Theater di Londra da cui viene tratto completamente It’s Alive, la prima raccolta live dei Ramones. Il concerto porta la data del 31 dicembre 1977 e alla batteria siede ancora Tommy. Quindi tutte le canzoni dei primi tre album trovano posto in un unico disco nel quale la velocità d’esecuzione raddoppia, per un concerto tirato ed potente: una cannonata di energia. Non a caso la location scelta è l’amata Inghilterra: i Ramones vi hanno sempre trovato un pubblico fedele e sempre appassionato «Dovete soltanto suonare ragazzi. Uscite dai vostri scantinati e mettetevi a suonare. È così che abbiamo fatto noi», questo fu il meraviglioso incitamento a Joe Strummer e Paul Simonon quando ancora i Clash non esistevano!

End of the Century - RamonesIt’s the end, end of the 70’s, it’s the end, end of the century”, così cantava Joey alla vigilia della fine del 1979, anno in cui i Ramones tentarono l’ultimo disperato tentativo verso il successo. Prendete il più importante ed eccentrico produttore della fine degli anni settanta (Phil Spector) e dategli in pasto un gruppo punk chiassoso che vuole finalmente sfondare (Ramones): ecco a voi End of the Century! Al produttore di Let it be dei Beatles, si chiede solo ed espressamente il successo commerciale mancato dai precedenti lavori. Ma l’indole della band, la droga e l’alcool che circolavano tra Marky e Dee Dee, rendono la convivenza lavorativa surreale e grottesca: «Era avvolto in un mantello da pipistrello, con la barba nera e dei baffi che gli conferivano un aria diabolica. Gli occhiali scuri, da aviatore, contribuivano a creare una minacciosa aura di mistero. Più tardi scoprii che si trattava del re delle tenebre in persona: Mr. Phil Spector!!». La trasfigurazione della band è completata (foto in copertina inclusa): la produzione usa la mano pesante, l’acidità della chitarra viene tagliata completamente da atmosfere effimere e platealmente pop, spesso con l’utilizzo di archi, fiati e chitarre acustiche (indelebile firma di Spector). Chiara ma frustrante è l’intenzione di attenuare la potenza punk per un sound più radiofonico e l’emblema sconcertante della “rivoluzione” attuata dal produttore è la traccia Baby, I love you, oltraggiosamente Supremes e non Ramones. L’unica spettacolare eccezione è Chinese Rock (attenti alla manca la ‘s’ finale), già nel repertorio degli Heartbreakers di Johnny Thunders, nonostante la firma sia sempre stata di Dee Dee e Richard Hell (ma su questo c’è sempre stato un contenzioso, ecco il motivo della ‘s’). Poi tanto spazio a ballate sospese tra il pop ed un punk sbiaditissimo e a quella che fu la spassosa avventura cinematografica dei quattro fratelli con il divertente Rock ‘n’ Roll High School.
Il compromesso regge ed i Ramones vengono ricompensati dal posto n.44 in US Chart, la più alta posizione mai raggiunta in tutta la loro carriera. Tuttavia le novità del panorama musicale, dal post-punk, alla new-wave portano i Ramones ad un decennio di incredibili sofferenze facendo affiorare antichi dissapori: Johnny sposa la ex di Joey, Marky viene allontanato per problemi d’alcool e Dee Dee è sempre più un corpo estraneo alla band. La Happy Family si sfalda anche artisticamente nell’arido terreno di una concorrenza musicale mai vista nel decennio precedente, neanche quando in circolazione c’erano tutti i gruppo punk di New York e Londra. È anche vero che in pochissimi sono sopravvissuti al primo disco, e solo i Clash si sono guadagnati un nome anche negli anni ’80. Quindi da un certo punto di vista non sorprende il flop qualitativo di dischi come Pleasant Dreams e Subterranean Jungle o alla magra sufficienza di Too Tough to Die e dei successivi. I Ramones lungo il decennio continuano a viaggiare il mondo, su è giù dai palcoscenici, instancabili, dai piccoli club alle arene, con il solito fedele zoccolo di fans che non sembra mai abbandonarli. Forse è proprio questa la grande forza di una band che non ha mai raccolto quanto meritato, nemmeno quando agli albori degli anni ’90 l’ondata grunge riscopre vecchietti Ramones (orfani di Dee Dee datosi al rap!). Nonostante alcune buone cose in Brain Drain (1989) e Mondo Bizzaro (1992), la band viene sedotta ed abbandonata dal mainstream e passato il carrozzone delle camicie a quadri, i Ramones sono sempre lì, squattrinati, talchè comprendono di essere finiti, e regalano ai fans un magnifico e sincero Adios Amigos (1995), nel quale suonano quella che è sempre stata la loro musica, quei tre maledetti accordi suonati alla velocità della luce ed un I don’t want to grow up che forse è la summa di cosa sono stati, nostalgicamente i Ramones. One, two, three, four …

La Firma: Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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