Filler (ep) / In my Eyes (ep) – Minor Threat

Mocciosi, punk ed arrabbiati: così possono essere definiti i Minor Threat.
Fare del punk a Washington non era come fare del punk a New York o in California. Ian MacKaye e Jeff Nelson crescono con un senso di frustrazione ed un’alienazione incredibile, che li porta ad apprendere subito la lezione del do-it-yourself (grazie anche ai magnifici e velocissimi Bad Brains) e a fondare un’etichetta indipendente, la Dischord Record, parallelamente all’evoluzione dei Minor Threat (ancora Teen Idles fino ai primi mesi del 1980) e del movimento hardcore sulla costa est. La presa di coscienza dei due ragazzini si manifesta nel gennaio del 1979 al concerto dei Cramps per la WGTB (la radio universitaria di Georgetown), Ian Mackaye ricorda: «Mi resi conto che esisteva una comunità che si opponeva politicamente, teologicamente, artisticamente, sessualmente, fisicamente, musicalmente. C’erano tutti i tipi possibili di pazzia, in quella sala».

Filler - Minor ThreatBrian Baker e Lyle Preslar si uniscono alla combriccola nel novembre del 1980, ed i Minor Threat non ancora ventenni iniziano a diffondere il verbo hardcore: la generazione del punk ’77 (quella del C.B.G.B.’s per intenderci) aveva svoltato verso il post-punk e la prossima wave, mentre una nuova generazione stava uscendo più incazzata della precedente e con un carico di teenage agnst senza precedenti. Territorio fertile per la musica altrettanto incazzata di Ian Mackaye.
Mentre la Dischord Records sopravviveva grazie alle misere entrate delle attività live, si stavano sviluppando quelle regole e dettami che avrebbero fatto dei Minor Threat una band molto dritta e retta moralmente, ma per certi versi anche odiosa e negletta (chiedete agli Hüsker Dü). Il primo ep (senza titolo, ma nominato dalla prima traccia che lo compone, Filler) come Minor Threat, è la terza uscita per l’etichetta indipendente (la prima era ancora Teen Idles, la seconda erano i S.O.A. prima creatura embrionale di Henry Gardfield, non ancora Rollins) è un manifesto primigenio del punk di Washington. Otto brani condensati in undici minuti, nel quale Mackaye e soci si scagliano arrabbiatissimi contro tutto ciò che da più vicino li tocca: nella musica dei Minor Threat non si troveranno mai grandi proclami politici o sociali, nella testa della band gravitavano solo le cose che li riguardava strettamente, dagli amici punk, alle difficoltà di crescere. «Se vivi a Washington e guardi la gente che passa in centro ti chiedi “ma chi sono”? Chi sono questi stronzi inamidati! E’ tutto così falso!»

Da Filler, che si scaglia contro i religiosi intransigenti (“You call it religion / You’re full of shit“) fino a Minor Threat (“Early to finish, I was late to start / I might be an adult, but I’m a minor at heart“), i proclami urlati di MacKaye assumono la valenza di nuovi valori verso cui credere. Spesso i “you” vomitati in testi ermetici assumevano sia le sembianze di j’accuse mirati, ma anche (rivoltati nel duplice senso di MacKaye) le piccole convinzioni di far parte di una ristretta tribù punk che si sentiva nel giusto. Straight Edge oltrepassa il rabbioso concetto di brano veloce, per diventare man mano la corrente ideologica di MacKaye e della Dischords Records. Lo straight edge (il rigare diritto, in gergo) consisteva in un moderno proibizionismo verso droghe, alcool e successivamente sesso. Nata per necessità (i Minor Threat ancora minorenni per la legge americana, non potevano assumere alcoolici nei locali dove suonavano), divenne per MacKaye un modo per elevare la sua percezione delle cose: «Grande, ti fai di droghe, devi e tutto quanto, ma rispetto a te io sono meglio, perché sono sobrio, non perdo la direzione, sono perfettamente conscio di quel che sto facendo».

Una fermezza (per non dire intransigenza!) ed una forza di volontà che porterà progressivamente Ian MacKaye e lo straight edge sempre più lontano dal resto dei Minor Threat; ad ogni modo il concetto di fondo della lucidità mentale come consapevolezza di se stessi per non essere attirato nelle trappole del vecchio emblema del rock è certamente lodevole: «Controllare le cose e non permettere che loro controllino te» questo è un motto fottutamente indipendente!
Seeing Red o Screaming at a Wall portano in dote uno speed-agnst tanto fulmineo quanto penetrante; non ci sono pause, non si tira il fiato, sono undici minuti d’apnea.

In my Eyes - Minor ThreatCon il successivo ep, In my eyes ep (1981) il concetto viene espresso ancora più chiaramente in Out of Step (with the World): “Don’t smoke / Don’t drink / Don’t fuck /At least I can fucking think”; costringendo poi MacKaye ad inserire nel foglio dei testi la prima persona singolare “I“prima dei vari “don’t …”. Fu Jeff Nelson ad tirare fuori la spinosa questione, scagliandosi a muso duro contro il suo socio, ammettendo candidamente: «Tu non fai queste cose, ma io potrei volerle fare!»; una presa di posizione forte contro tutti i dettami spesso troppo stringenti non solo per dei giovanissimi ragazzi, ma anche per l’intera comunità hardcore che paradossalmente abusava di droghe ed alcool.
In entrambi gli ep si assiste alla massima espressione hardcore della costa orientale, nel quale velocità, rabbia ed una certa carica di violenza (spesso fisica, MacKaye era celebre per le risse durante e dopo ciascun spettacolo) sono componenti imprescindibili. Su In my eyes trovano spazio anche Guilty of Being White (a Washington erano i neri a pestare i bianchi per il colore della pelle!). XXX

Dopo uno scioglimento temporaneo, i Minor Threat registrano il loro primo lp Out of Step (1983) che ironia della sorte irrita il “mentalmente chiuso” pubblico hardcore, non tanto per la qualità del disco (eccellente come gli esordi), ma per quel “ritorno” alle scene che aveva il sentore di un de-javù d’opportunisti: la scena tanto cara a Ian MacKaye era cresciuta, si era evoluta, ed ancora una volta era stata sostituita da una generazione più giovane, e quest’ultima non esitò a voltargli le spalle. Qualche tempo dopo anche il resto della banda lascia MacKaye e lo straight edge …
Oggi, grazie al grande lavoro della Dischord Records (un punto di riferimento nella scena alternativa della capitale), è possibile ascoltare su vinile (in un volume unico e di facile reperibilità) l’intera discografia della band; un’occasione unica per ascoltare sul piatto i lamenti alienanti dei Minor Threat considerando che la tiratura dei pezzi originali è davvero limitata. Che voi siate straighr edge (ma ne dubito!) o no, questa band merita di stare nella vostra collezione!

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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