La Prise de la Bastille – No Strings Left

No Strings LeftL’Italia, da quando è stata composta come un puzzle epilettico circa 150 anni fa (almeno i telegiornali continuano a martellare su questo fatto!), ha sempre mostrato differenze abbastanza marcate, e non mi riferisco solamente alla continua battaglia epicurea tra nord e sud. Ogni campo di battaglia ha le sue peculiarità, pure quello musicale! Quindi com’è logico aspettarsi un cupo e rabbioso underground da qualche nebbiosa band del Po, è altrettanto plausibile non sorprendersi per suoni più vivaci e caldi man mano che si scorre verso il fondo della penisola.
Tuttavia è proprio qui che il ragionamento qualunquista perde la sua fiacca efficacia: i No Strings Left di stanza a Napoli pesano il loro garage dalle reminiscenze 77, sporcandolo con idilli melodici in un ampio ventaglio sonoro che tramortisce il pop e lo scioglie in poltiglie di wave ed indie alla vecchia maniera. Un plauso alla New Model Label che gli ha inclusi nel loro catalogo: buona lungimiranza e fiuto da vendere!

 La Prise de la Bastille è abbastanza vicino ad un concept dalle redivive intenzioni. Testi maturi, a tratti disillusi, intrisi di verità che come catrame ci tira giù dall’olimpo della retorica. E non solo, questi ragazzi hanno come dote un senso naif del tutto particolare, una controcultura completamente nuova che non si riempie la bocca di slogan confezionati dalle massoniche botteghe del potere dispotico.

Musicalmente si assiste ad un convincente muro sonoro nel quale le sei corde urlano fino a perdere il fiato, con rapidi cambi di tempo che fanno sempre trovare le rullate della batteria al posto giusto nel momento giusto. Underground dalle velleità movimentate, nel quale l’ombra del nichilismo viene spazzata da riff di matrice anni novanta: difficile chiamarlo punk, impossibile non accostarlo ad un ballabile rock da casbah.
I No Strings Left, senza timori storici prendono il Manifesto Futurista (nel suo estratto migliore) e lo immergono in una fangosa jam da scantinato sudicio ed umido. È il via alle danze; che continua a ritmo sostenuto con il rockabilly asmatico dalle referenze punkeggianti di No Strings Left, una sorta di contro-rima al manifesto di Marinetti.

Il range sonoro si amplifica di innumerevoli virus stilistici, dal ballabile bubblegum-malinconico di East of the Sun, alla sinuosa singhiozzante wave di November, idealmente perfetta per una “Naples Calling”.
Wastin’ Time si presenta con la stessa tensione e la stessa passione di un Johnny Cash agli ultimi sgoccioli di vita: un basso viscerale attraversa e trapassa un meccanico salire verso una terra promessa paludosa, una giungla metropolitana sovrappopolata, lacerata dal peccato e dalla noia!
Da segnalare Little song to dance to dal sapore pop disimpegnato, un leggero laudano per la pace dei sensi; e il punk-rock prepotente di Get me out, che risale la corrente per scatenarsi in veloci ed inaspettati boati d’ assedio: sventoliamo bandiera bianca, arrendiamoci ad una band che sa cosa vuole e sa come ottenerlo, alla faccia di Rotten e di tanti altri squallidi cliché! Consigliabile senza riserva …

 No Strings Left myspace
New Model Label sito ufficiale

recensito da Poisonheart
 

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