Deschema – Deschema

Sembrerà piuttosto insolito, che a nove anni dalla nascita del progetto, arrivi solo oggi il self-titled d’esordio dei senesi Deschema. Eppure nella storia di questa giovane band ci sono stati premi (un non trascurabile Sanremo Rock 2013) e numerose partecipazioni a contest, variazioni inevitabili di line-up, e non ultimo anche un cambio di ragione sociale (da Ghost Space ad appunto Deschema), come a voltare pagina ed intraprendere un cammino artistico più maturo. Con un curriculum di questo tipo, stupisce tuttavia che nessuna label indipendente si sia ancora interessata al progetto, la cui musica sbatte con vigore contro le pareti dell’alternative, dosando melodie orecchiabili e vagamente pop, senza tuttavia legarsi ai soliti slang indie-generazionali.

DeschemaDagli arrangiamenti piuttosto secchi e colorati da un elettro-rock dal piglio anglo-americano,  il quintetto Deschema riesce in sei brani a lasciare il segno anche dopo un solo ascolto. Synth vaporosi giocano a nascondino con l’eloquenza di chitarre ruvide, mentre una sezione ritmica potente e molto dinamica, consente alla band una discreta flessibilità d’esecuzione, trovando sempre grande energia ed enfasi sia nelle ballate mordi-e-fuggi, sia nella forma canzone canonica verse-chorus-verse. In Sembianze, brano d’apertura del disco, le movenze elettroniche sono minimali ma ben marcate sin dai primi versi, prima di implodere in un ritornello ove le chitarre ruggiscono di distorsioni tenute bene a guinzaglio. Volumi bilanciati ed una buona dose di orecchiabilità, confermano l’esperienza del progetto Deschema, ma anche una decisa propensione al rock ed alle sue meccaniche tanto pompose, quanto accattivanti. Nella successiva Kubrick, il dinamismo di ritmica e tastiere è più marcato, strizzando quasi l’occhio ad una new-rave sponda inglese (Klaxons ?!), senza tuttavia intraprendere strade troppo in salita, rimanendo coerenti con le propri attitudini musicali, confermate anche nella fresca e maculata Riemergere.
Il piccolo intramezzo di 16/12 evidenzia alcune velleità elettro-pop da sviluppare magari in futuro con elementi sempre più personalizzati; in Graffiti invece il tono dei Deschema si fa maturo e rivelatore: buone strofe, un cantato più riflessivo, ed soprattutto un ritmo funkeggiante (che già s’intuiva nelle precedenti tracce) che non ha bisogno di chorus variopinti per alzare volumi ed entusiasmo.
Si congeda con l’ascoltatore la struggente Giungla Artificiale, dal passo apparentemente più lento e radiofonico, ma non per questo meno emotivamente coinvolgente: interessante il finale dilatato, con una maggior spinta all’improvvisazione e qualche concessione al feedback sporco ed indefinito.

Per i Deschema questo esordio rappresenta senza dubbio un primo passo fondamentale per la nuova pelle che hanno assunto, un disco autoprodotto (registrato e mixato allo Studio Virus di Siena da Jacopo Pettini e Alessandro Guasconi), e costruito meglio di tanti altri lavori alle cui spalle ci sono eserciti interi di collaboratori e fonici. Un self-titled fiero della propria indipendenza, che mostra già in maniera forte la linea artistica che la band vuole perseguire (e con qualche indizio anche per il futuro!), senza farsi influenzare dalle mode, ma seguendo esclusivamente il proprio istinto: continuando così, anche l’interesse delle piccole indie-label arriverà … è solo questione di tempo!

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recensito da Poisonheart

 

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