Darkland – OrdinaryStory

Zone d’ombra nel quale echeggiano sottili atmosfere cupe e tenebrose in un agglomerato hard-rock secco, portentoso e vagamente sinistro, ove trovano spazio sia nenie oniriche, sia ingombranti combo distorte di chitarra-basso-batteria: ecco a voi Darkland dei romanissimi OrdinaryStory, che con il loro bagaglio metallaro e qualche influenza art-rock promettono di esaurire ogni desiderio di rock granitico.

Darkland - OrdinaryStoryIn the Land of Grey and Pink: Nati da una prima idea di Stefano Bassani e Daniele Sinistro, la band pianta le proprie radici in suoni corposi, nel quale il basso colleziona trame perniciose e ruvide sostenendo una chitarra sempre agguerrita, se il metal sembra essere il comune denominatore, non si disdegnano variazioni di tema, rallentando i tempi, ricorrendo all’uso dei cori, o ancora accostando suoni più melodici (vedi il pianoforte ad esempio). La produzione è ben curata, lineare, in modo da far suonare Darkland abbastanza omogeneo, trainato da un brano in particolare, Eternal Night, che ne raccoglie le migliori fortune grazie anche al featuring di Simone H. Salvatori degli Spiritual Front. Per gli amanti del genere, tutta la retorica metallara è mantenuta intatta, imprescindibili sono le cavalcate di chitarra o le distorsioni tutte d’un pezzo, così come i veloci passaggi di batteria, o il cantato sempre sostenuto; eppure è nelle scelte più coraggiose che gli OrdinaryStory lasciano il loro segno distintivo.

In the shadow of the valley of death: Il brano che da il titolo al disco, apre come un carillon dall’andatura sinistra e che nel finale fa intravedere il suo lato più oscuro, questo breve incipit apre poi le porte a The Road of Crow che ruggisce in tutto il suo fulgore con chitarre incendiarie ed un basso grumoso ed impertinente: è un metal d’assalto, sporco, viscido nella sua evoluzione, per diventare poi melodico nel chorus. Eternal Night apre le sue ali nella versione originale, suonando rallentata proprio per raccogliere tutta la nevrosi e l’energia di un brano ben arrangiato e che sa rilasciare l’adrenalina nel momento giusto. I ritmi più riflessivi proseguono con Sooner and Later, grazie ad un arpeggio cristallino ed un cantato confidenziale, che implodono in un chorus alla dinamite, per poi ritornare nei canoni dell’inizio; la carta del piano-forte-piano viene giocata con sapienza, senza fare troppo saliscendi con i volumi, suonando perciò matura e ugualmente potente. Tracce di sperimentazione nell’apprezzatissima The Weakness, fanno capolino ad una marcia tribale minimalista ma che se ben arrangiata potrebbe essere davvero un bel terreno fertile per future sonorità; mentre Tragic Lie ritorna verso il tanto compianto metallo melodico, con un finale pomposo e decisamente tirato.
La chiusura teatrale ed emozionante spetta alla versione di Eternal Night con “Hellvis” Salvatori, nel quale il pianoforte regala ottimi titoli di coda, strappando anche qualche applauso.

Wonderland: Gli OrdinaryStory hanno dimostrato con Darkland di essere abili nel maneggiare il metal e le sue mille declinazioni, eppure allo stesso tempo affermano che tale dimensione potrebbe stargli stretta, facendo presagire per il futuro nuove sfide e nuove sonorità, nel quale cupezza ed intensità non debbano per forza sgomitare per farsi apprezzare in quella che non sarà una storia ordinaria.

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recensito da Bambolaclara
BambolaClara heartofglass

 

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