Cold – Be Forest

Da Pesaro sale un rigurgito darkeggiante che richiama le migliori atmosfere post-punk inglesi, tra echi diluiti ed un fitto minimalismo androgino, verso un esordio davvero molto espressivo per carica evocativa e senso di desolazione: ecco a voi i Be Forest con il disambiguo Cold.
Le influenze di questo trio barocco e nostalgico composto da Erica Terenzi (voce e tamburo), Costanza Delle Rose (voce e basso) e Nicola Lampredi (chitarre ed effetti) sono da ricercare nella recente rivisitazione della dark-wave e delle sonorità cupe e dedite al rumore delle seconda metà degli anni ottanta, fino ad arrivare allo shoegaze britannico. Arrangiamenti piuttosto spogli fanno da contraltare ad un sapiente uso di riverberi, delay e modulazioni varie, creando così un muro sonoro morbido, ma altrettanto impenetrabile. Parallelismi piuttosto accentuati in qualche mossa nei confronti dei londinesi The xx, che con il loro omonimo esordio hanno in qualche modo rotto la segregazione della dark-wave rivisitata; tuttavia nei Be Forest persistono anche lineamenti più lo-fi ed istintivi, che in alcune modalità ricordano gli sforzi independent dei Beat Happening, per esempio. 

Cold Be ForestCold (uscito per la We Were Never Being Boring) somiglia così ad un disco viscerale e tumultuoso nelle espressioni emotive, eppure allo stesso tempo soddisfa anche una certa urgenza di sfogare quel lato oscuro, composto dalle anime selvagge di taluni suoni tintinnanti e ripetitivi.  L’oblio di Faith dei Cure (leggi recensione) sembra buttare fuori la testa, come una grossa e mite tartaruga; eppure un senso di estasi si propone di infettare alcuni momenti del disco, anche grazie a sonorità più calde o alla sospensione delle voci in coro.
Da NTR (con qualche reminiscenza chitarristica di Romy Madley Croft) alla nevrotica Wild Brain, sembra per un attimo di essere catapultati per davvero nel 1981, quando i Be Forest manco erano nati. Ma oltre alla generosa dose di tributo (Buck & Cove enfatizza i migliori Bauhaus, oppure Florence che possiede la stessa tensione della embrionale A Forest dei Cure), i contributi originali e più sperimentali toccano corde emotive vive e scoperte: ecco che Screaming Prayer e quel dondolio orientaleggiante irrompe fresco e cupo allo stesso tempo, o l’embrionale nenia radiofonica di Dust con un suo inaspettato bagaglio indie-rock sponda newyorkese.
Arrangiamenti scarni che si immolano verso buoni muri sonori (la magnificenza di Thrill) ed una candida nostalgia verso la wave noir (vedasi Blind Boy) sono la migliore manifestazione dei Be Forest, abili ad importare un genere che nel Belpaese non ha mai attecchito più di tanto, nonostante la reverenza verso il post-punk inglese. E se dovessero rimanere delle riserve sull’originalità e la spontaneità della proposta  di Cold, il consiglio è di vederli dal vivo (e parlo per esperienza diretta!), scoprendo con grande sorpresa come il trio possa spogliarsi dell’enfasi darkeggiante, abbracciando forme e movimenti che sono sostanzialmente un puro atto indipendent e di amore per la musica.

Be Forest facebook
We Were Never Being Boring sito ufficiale

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

 

 

 

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