Chess Records e il Chicago Blues: l’omaggio di Cadillac Records

Ogni grande scena musicale ha avuto la propria città. Ogni grande scena musicale ha avuto i propri protagonisti. Ad ogni grande scena musicale è radicata una generazione, una gioventù. Ad ogni grande scena musicale è legata un’etichetta discografica. E la Chess Records di Chicago è stata la label che ha fatto del blues degli anni ’50 un fenomeno di massa, un fenomeno anche bianco.
Lo racconta con il tono giusto la regista Darnell Martin nel film Cadillac Records, tralasciando praticamente nulla di quella che era l’atmosfera nella Chicago e nell’America dei primi anni ’50.
Leonard e Phill Chess, fratelli di origini polacche vi si stabiliscono nel 1928 e con il bel gruzzoletto derivato dal contrabbando nell’era del proibizionismo, mettono su un paio di locali e nel 1947 decidono di fondare un’etichetta discografica che prenderà il nome di Aristocrat, per il quale incide anche un giovanissimo Muddy Waters.
Waters cresciuto tra i campi di cotone del sud, impara ben presto a suonare l’armonica e la chitarra ed a incidere qualche pezzo. L’incontro con i fratelli Chess alla fine degli anni ’40 farà la fortuna di entrambi, e nel 1950 quando l’etichetta si trasforma definitivamente Chess Records, Muddy Waters ne diventa uno dei pezzi pregiati. Da I Can’t be Satisfied a Rollin’ Stone la svolta elettrica della Muddy Waters Band (fucina inesauribile di grandissimi talenti) rende il blues più accessibile al pubblico bianco creando quello che verrà definito il blues moderno, ovvero il Chicago Blues. La lista dei musicisti della Muddy Waters Band annovera un’altra figura fondamentale (e non solo per il contrabbasso) per la Chess Records: Willie Dixon. Talent-scout e produttore (e forse l’unica grande mente) che guiderà Leonard Chess alla scoperta di tutti quegli artisti che faranno grande l’etichetta.

Chess Records Muddy WatersIn Cadillac Records questi primi personaggi citati occupano un ruolo di primo piano. Ovviamente il film non si limita alla semplice sfilata di bluesmen e di hits da jukebox, ma indaga anche attentamente sul clima di odio razziale che prolifera nella città di Chicago e sui rapporti, spesso difficili e burrascosi, all’interno della stessa etichetta. Veniamo così a conoscenza dell’acerrima rivalità tra Muddy Waters e Howlin’ Wolf, interpretati rispettivamente da Jeffrey Wright e da Eamon Walker, già capitano nella seria Chicago Fire. Howlin’ Wolf nel 1951 aveva una discreta fama grazie alle incisioni con la Sun Records di Memphis, e si trasferisce a Chicago ove ben presto dovrà vedersela con l’egemonia di Muddy Waters. Quest’ultimo, la cui influenza sui giovani musicisti è indiscutibile, cerca di soffiargli il talentuoso chitarrista Hubert Sumlin (in una delle scene più belle ed avvincenti del film), e quasi quasi ci riesce, salvo poi Sumlin ritornare con riconoscenza dal lupo ululante. Il carisma di Waters sul palco fa da contraltare all’energia ed all’immediatezza di Wolf rendendolo più appetibile al pubblico ed alle classifiche, non a caso successi come Smokestack Lightning (1956) o Back Door Man (1960), quest’ultima scritta proprio da Dixon, rimangono dei classici di valore assoluto.

Eppure a raggiungere la vetta delle classifiche fu un altro artista, piazzando per la prima volta un singolo della Chess Records al numero 1 della Billboard R’n’B. Chuck Berry (nel film con le movenze di un ottimo Mos Def) esporta la musica nera fuori dai confini di Chicago; eppure il suo non è blues: è troppo veloce, è troppo movimentato, il suo è rock ‘n’ roll!  registrata il 21 maggio del 1955, vende quasi un milione di copie e raggiunge la vetta nella classifica di genere. Un artista di colore che viene passato di continuo per le radio, che fa sfaceli sul palco e che diventa uno degli idoli per i giovani usufruitori di musica, nell’America di Truman è un fatto non solo puramente musicale: è un segno che i tempi presto cambieranno! Il successo di Chuck Berry ha anche delle conseguenze più venialmente economiche; i ricavati delle vendite tengono a galla la Chess Records e tutta la scuderia di artisti a seguito; ed in qualche modo mitiga anche tutte quelle esagerazioni e quell’istrionismo che la fama porta successivamente in dote. Little Walter ne è forse un esempio lampante, colui che diede elettricità all’armonica, che diede fiato al Chicago Blues, viene rappresentato come il genio ribelle autodistruttivo; eppure passando oltre al soggetto puramente cinematografico, rimane un personaggio fondamentale per quella che è la storia del blues, la sua armonica in Juke o in My Babe traccerà quello che sarà l’uso nell’armonica anche nel rock ‘n’ roll. Nel film, la scena in cui spira tra le braccia della moglie di Waters dopo una rissa per gioco d’azzardo è una delle più toccanti, come lo è quella in cui l’amico fraterno Muddy Waters lo veste per la cerimonia funebre mettendogli nel taschino della giacca la fedele armonica. Questa tragedia è solo l’ultima di una serie di sventure che colpisce la Chess Records; la prima ed economicamente più grave è l’arresto nel 1959 di Chuck Berry all’apice del suo successo. Roll over Beethoven, Sweet Little Sixteen (“ma questi sono gli accordi della mia canzone”, osserva incazzato Mos Def ascoltando in radio Surfin’ USA poco prima del suo arresto) e Johnny B. Goode sono i suoi più grandi successi, che tuttavia verranno ripresi, riadattati, scopiazzati dalle nascenti “surf-rock” band bianche. Nel film l’assenza di Berry viene colmata fino poi alla sua conclusione da Etta James, interpretata da Beyoncé. È forse la parte più puramente cinematografica del racconto, nel quale si assiste al lungo corteggiamento tra lei ed Leonard Chess. Ad ogni modo, rimanendo fedeli a quella che fu la storia del blues e del soul marchiati Chess Records, è indubbio il valore e la sensibilità con la quale Etta James conquista il successo nel 1961 con la romantica e triste At the Last. L’orientamento è verso la ricerca di un altro grande successo che salvi l’etichetta dal fallimento, ed il rythm ‘n’ suol centra il bersaglio. E’ il canto del cigno. Il resto degli anni ’60 si trascina tra mille difficoltà, poiché la British Invasion è alle porte, e sono proprio quelle giovani band inglesi tanto fedeli ai loro miti blues a far lentamente affondare il carrozzone della Chess. Nel film, romanticamente, Leonard Chess viene stroncato da un infarto a bordo della sua cadillac, poco prima d’aver liberato gli ultimi nostalgici cimeli dagli uffici della Chess.

Chess RecordsLe vicende della Chess Records e del Chicago Blues non solo portarono alla ribalta del pubblico bianco borghese il blues come genere indipendente, ma in special modo fu fonte di incredibile ispirazione per il rock ‘n’ roll inglese e di tutta quella generazione degli anni ’60 che è rimasta indelebile nella mente di qualunque appassionato. Jimi Hendrix, i Rolling Stones, gli Who, e poi via via Doors, Led Zeppelin, Eric Clapton, sono in debito verso il blues perché è stata la musica rivoluzionaria che li ha accompagnati nella prima giovinezze, è stata la ventata di energia che ha scoperchiato e sommerso la melensa musica cantautorale del dopoguerra. Cadillac Records solo in parte coglie quell’energia emulativa, ma è senza dubbio un film celebrativo e nostalgico su cosa è stato il blues nell’America degli anni ’50 e delle sottili ripercussioni sulle vite dei loro memorabili protagonisti.

La Firma: Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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