Album: Generic Flipper – Flipper

Nelle vene dei Flipper scorreva tanto punk quanto garage. E non c’è da stupirsi, la San Francisco non ancora pienamente sotto l’egemonia dell’hardcore “biafriano” viveva di fertili contraddizioni, più materiali tangibili, meno naif rispetto a ciò che accadeva nella East Coast newyorkese. Più simili come concezione alle belve punk dei Germs capitanati da quel biondo cantante dalla vita veloce; duri, glaciali, tenebrosi nello stesso modo dei Dead Kennedys.

Generic Album Flipper - FlipperI Flipper sono stati tra le band più influenti per la successiva generazione, ispirarono i Melvins che a loro volta ammaliarono un giovane Kurt Cobain, che non smise mai di simpatizzare per la creatura rumorosa di Will Shatter e Bruce Loose. Istrionici e demiurghi capostipiti di un cupo punk sotterraneo, embrione primigenio per tutto ciò che sarà di li ad un decennio. Album: Generic Flipper è il classico disco garage ruvido, difficile, viscerale che fonde in due lati di vinile i timori, i presentimenti e le sconfitte di una generazione illusa tanto dalla chimera punk quanto dalle leggende del flower-power. Sgraziato all’ascolto, concreto nei contenuti: alienazione, politica, conflitti sociali superano le usuali concezioni e approdano in un crudo ritratto della realtà che non lascia spazio a sogni. È vero, Hollywood è vicina e fin troppo dolce è il profumo che emana, tuttavia è pura illusione, la realtà che urlano i Flipper è violentata da vane infatuazioni di gloria.
«No matter how fucked up you are. You are not too fucked to get fucked (up)», questa è la regola dei Flipper.

Scritti a quattro mani tra Shatter e Loose, i brani del lato A sono intrisi fino al midollo di spietato cinismo, che in un altra religione è sinonimo di realismo. Ever brucia come un marchio a fuoco sulla pelle; la band da sfogo alle più comuni paure giovanili,  se lo chiedono tutti in fondo: «Ever live a life that’s real?».
Life is cheap concede qualcosa di più al ritmo, una scesa agli inferi senza biglietto di ritorno; il basso ipnotizza l’ascolto, la batteria di Steve DePace passa in secondo piano rispetto al resto, fatto di profezie metropolitane consumate fino all’osso.  Shed no Tears è il pezzo più nei canoni punk del lotto, tuttavia l’incisività e la personalizzazione rimangono intatte, mentre ascoltando (I saw you) Shine, si capisce bene da dove i Melvins abbiano attinto: stoner elementare!

Il meglio lo si può apprezzare nel lato B, dal lucido ragionamento di The Way of the World che riprende ciò che il post-punk inglese non ha mai saputo concludere. La chitarra di Ted Falconi è spesso superflua, sommersa dalle tonalità gutturali tipiche della band, eppure si rintraccia una certa orecchiabilità del coro pagano che in maniera veggente potrebbe fare il verso alla retorica We are the World, che di li a qualche anno avrebbe rassicurato il mondo benpensante. Life è altrettanto acida, tra sferzate di gain e di feedback, ed un ironia macabra e surreale, «I too, have sung Death’s praise, but I’m not gonna sing that song anymore!»: diffidente inno alla vita!

Nothing e Living for the Depression mostrano il meglio dei Flipper, fin dall’articolato complesso sonoro della prima. Inni senza lodi, figli bastardi di un consumismo aggressivo che si nasconde sotto le gonne della guerra fredda, oramai più che tiepida. I Flipper non credono a ciò che gli dicono di credere, ma questa è una conclusione scontata, rimarcata con le simboliche parole:

«I’m not living life to be
A Real Cheap Fucker Like You
COPOUT!
»

Sex Bomb è il pezzo meglio conosciuto dei Flipper, che prende in prestito un pò dell’energia stoogesiana di Funhouse, se non altro per l’apporto frizzante del sax suonato da un certo enigmatico Bobby. Quasi del tutto strumentale ad eccezione di ossessionati ululati di Loose che implodono in un ammiccante assolo di sax: una festa di sensazioni e rumori!
Un album generico, essenziale, primordiale in certe espressioni. Lucidi e lungimiranti i Flipper esordiscono con un lezzo violento di nauseabonda energia, che aprirà la strada tanto all’underground ed in qualche modo al grunge. Ed ironia della sorte, vedrà la perdita di Will Shatter per overdose, consuetudine generazionale replicata in tempi successivi da altri, più illustri, portavoce.

 

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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