Acid Food (ep) – Acid Food

Lisergica nostalgia di copertine in cartone strabordanti di vortici coloratissimi, di suoni acidi, di inni all’amore? No, cambiate canale!  Sintonizzatevi, piuttosto sulle frequenze torinesi, gli Acid Food non sono la solita band-indie usa e getta.  Bisogna essere molto sensibili (e non solo musicalmente parlando) per comprendere la melodia agrodolce di questo quartetto, composta senza pudore tanto da pause evocative quanto da rigurgiti feedback graffianti. Troppo facile far solo rumore, solo stoner, solo rock da ballroom, sai, quello cupo, cavernoso, che al terzo ascolto è già bello ed orecchiabile, quello che sfascia le corde del basso e che innervosisce con frequenti cambi d’effetti a pedale; quello che obbliga all’headbanging più inutile, mosso più dalla quantità d’alcool nel sangue che dal ritmo proposto.

Vedete questa band sotto un ottica diversa, più vicina alle malinconie elettriche dei Radiohead che al preponderante sound alla Melvins. Cavalieri della sperimentazione sotto l’egida di album come Evol o come Bug, “sonici” ma senza velleità cool, sperimentatori d’avanguardia ma senza calcare troppo sui volumi. Il succo di questo omonimo ep, prende le distanze dall’underground di metà anni ’80, e coraggiosamente trova terreno fertile nella sperimentazione digitale, mantenendo un atteggiamento responsabile e sano! Nubi di un rock urbano e nebuloso, sottopelle, viscido come in Hang-Glider, dalle essenze poetiche e dal timbro teatrale, che a tratti richiama qualche ballata alla SOAD dopo una pesante disinfestazione metal. Cinici nel perseguire il “turbine sonico”, gli Acid Food preferiscono spesso la dimensione strumentale a quella cantata, e come dagli torto, l’alba si osserva senza proferire parola alcuna.

 

Sin è un crescendo di volumi e d’intensità che rimarca la volontà di far qualcosa di grandioso e di non-comune. Impresa non facile, specialmente per l’appetito di un pubblico sempre meno esigente e ricettivo verso nuove frontiere. Personalmente non ho mai apprezzato molto l’uso della madrelingua nella musica sperimentale (per non parlare in generale!), tuttavia ne L’infezione, la maestria e lo scenario su cui scorrono i versi è davvero apprezzabile e potrebbe essere una via per “convincere” qualche scettico. Il brano si poggia su piani diversi, musicalmente suona come una nenia dall’alto tasso di sensibilità, supportato da un accompagnamento sempre sostenuto ma pacato: lo sdoppiamento vocale assume contorni rarefatti dalla grana grossa, senza mai annoiare grazie a puntuali cambi di tempo.

Dai tratti un pochino più psichedelici (se non per giustificare il nome!) è No Words, un brano più canonico, un rock fangoso che mantiene alcuni ingredienti di sperimentazione ma senza calcare troppo la mano: in un ep può anche starci!
La passione è la chiave di tutto: c’è chi interpreta le mode del momento, e chi suona con folle ostinazione la propria canzone. I primi avranno  qualche centinaio di distratte persone ad ascoltarli, i secondi forse nemmeno quelli … ma credetemi, senza indugio I choose the second one!
La sperimentazione è una via impervia, ma gli Acid Food non la baratterebbero con nulla al modo …
Pollice su!

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 recensito da Gus
 

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