Abat-jour – Bombay

Italianissimi dalla provincia di Bologna, i Bombay propongono un alternative rock secco ed impetuoso, alla maniera dell’indie italiano di metà anni novanta, giocando tanto con le distorsioni quanto con testi emotivi ed ironici, figli di un urgenza narrativa attenta e personale.
Nati nel 2014 e con alle spalle già un disco di formazione, i Bombay raggiungono la quadratura artistica con Abat-jour (per la Bad Karate Records), grazie ad un potenziamento del muro di chitarre e di una sezione ritmica dinamica ed avvincente. La scelta di cantare in italiano, rispetto agli esordi, certifica la volontà del quintetto bolognese di affermarsi nella scena indipendente italiana, anche grazie ad un bagaglio musicale che ne richiama peculiarità ruvide, ma inclini all’empatia.
Bombay Abat-jourSette tracce, anticipate dal singolo Pessimi Eroi (vedi un videoclip non privo di simpatia), che dichiarano il loro amore spassionato per gli arrangiamenti corposi e le soluzioni ritmiche più movimentate, dilatando spesso i brani con ruvide parti strumentali. Tuttavia velocità variabili conferiscono a ciascun brano una propria dimensione emotiva; così se l’inizio del disco era improntato sulla cupidigia delle distorsioni alla Verdena, in Sospesi, le armonie si fanno più delicate nei versi, per implodere successivamente in un crunch enfatico, con riff vibranti dal sapore nineties.
Ad ogni modo, lento-forte-lento è un espediente basilare già abusato da molti, che viene però ridefinito grazie ad un duello leale di chitarre e ammorbidito da un cantato vivace e graffiante. Effetti modulari e spaziali si riflettono sulla interessante Animale, brano crepuscolare che s’allontana parzialmente dalla perentorietà del rock, proponendo una composizione che fa leva sui chiaroscuri dei volumi e delle armonie.

La seconda parte del disco regala le bollicine e le ebbrezze di Johnny, la cui narrazione è appassionata e tesa; mentre nella successiva Noi, iniziali echi pumpkiani sovvertono ogni aspettativa, calcando la mano su tonalità cupe e baritone in contrasto con una nostalgia lirica che confina con un post-grunge rovesciato. Le andature maculate di Track #2, confermano l’evoluzione dei Bombay verso un sound più etereo ed aperto, senza disdegnare le indigestioni di gain: soluzioni melodiche che potrebbero essere un buon viatico per il futuro. Chiudo con la soffusa teenage angst di Come se, la cui ferma disperazione lascia intravedere gradevoli arrangiamenti che mirano ad alimentare un pathos dall’alto tasso emotivo.

Abat-jour rappresenta certamente un punto di partenza per i Bombay, che gettano basi sicure verso un rock gagliardo e volitivo, omaggiando sia il passato alternative, che un futuro più sperimentale (taluni fraseggi di chitarra giocati sugli effetti sono molti interessanti) ed impavido. Buone liriche ed un discreto bagaglio d’emozioni, mette al riparo i Bombay dal pericolo di emulazione, preferendo calcare un percorso più personale, piuttosto che salire sul carrozzone indie-rock che oggi sembra aver sfondato i primi argini di notorietà. Le premesse per fare bene ci sono tutte … feel the trunk!

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recensito da Poisonheart

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