Mu – Death Mantra for Lazarus

Mu è il nome dell’ipotetico “sesto continente”, almeno secondo le tesi e gli studi di un certo Mr. Churchward: una terra scomparsa, affogata da qualche parte nell’oceano pacifico, nel marasma di tutte quelle isole tropicali, presunte cime di questo paradiso mancato.
Non molto nutrita è l’influenza che Mu ha sparpagliato nella musica, si ricorda (e lo dico solo perché ne possiedo una copia) l’esordio di Riccardo Cocciante, nel lontano ’72, che in maniera eclettica e coraggiosa omaggia il continente scomparso.
Ecco perché colpisce la perspicacia di quattro ragazzi di Pescara, Death Mantra for Lazarus, che con la fervida immaginazione della sei corde e delle percussioni, sognano e descrivono con fugaci armonie le vallate, le insenature, la vegetazione di Mu. Il disco è impreziosito di una no-wave che si fa presto a catalogare onirica, se non psichedelica, ma in realtà sotto la tela di colori che le 6 tracce regalano, si cela un concept adulto, con la voce grossa e la consapevolezza di raccontare una bella storia.
Mu è l’anticamera, l’antitesi sicuramente, di ciò che viviamo ogni giorno, dalle piccole cittadine di campagna, alle metropoli ingrassate di traffico e persone. Mu è il momento di riflessione, il break nel bel mezzo della tempesta, la fermezza e la calma dell’occhio del ciclone, la sigaretta dimenticata tra le dita durante un pensiero lunghissimo. Almeno io la percepisco così … poi chissà quali saranno stati i propositi di Tonino Bosco (basso), Alessandro Di Fabrizio e Lorenzo Conti (chitarre) e Federico Sergente (percussioni). Ad ogni modo da Atlantide, che apre il disco, alla title-track si assiste ad un sereno lasciarsi trasportare verso l’oblio di Mu, tra riff crepuscolari ben sostenuti dalle vibrazioni calde del basso e tenuti sempre in tensione dai boati cardiaci della batteria. Come in un libro d’altri tempi, I Death Mantra for Lazarus, descrivono con leggiadria questo mondo misterioso, insinuando nella mente dell’ascoltatore che probabilmente il continente perduto giace dentro ad ognuno di noi … ma poi in fondo queste cose le sapevamo già!
Opinion in not Math ricalca le medesime atmosfere, anche se con mano più decisa verso un soft-underground amputato di fuzz e distorsioni indigeste, ma fecondo di suoni parlati, iati che scivolano veloci tra il 12° e il 18° tasto della chitarra, in un trasbordante senso d’eccitazione e d’abbandono che culmina in un finale prettamente garage, ma pur sempre all’altezza della sua fama.
Umberto Palazzo presta la sua voce impastata nell’omaggio poetico a Maria Callas, grande pathos per un pezzo che con caparbietà si estrania dal disco, senza far troppo rumore in fin dei conti. Si chiude con Boreale, nel quale anche gli archi entrano di prepotenza per celebrare/glorificare la nascita e la caduta di Mu; forse una sorta di commiato verso tutto ciò che di bello avevamo e che abbiamo perduto … Un disco che si riascolta sempre con piacere … segnatevelo!

contatti:
Death Mantra for Lazarus You-Tube

 

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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