Dh 2 – Delay House

Questi 4 ragazzi “sperimentali” possono tranquillamente prendere in giro i loro coetanei rock-style e le loro pedal-board che sfumano, come pixel rettangolari, dal giallo all’arancio. Qui comanda il delay, e non potrebbe essere altrimenti visto il nome: Delay House, sinonimo di inventiva e sagace coraggio, nel costringere l’indie del ventunesimo a toccarsi le punte dei piedi, sudando e gridando dalla fatica! Uno altro bello strike in casa Stop! Records

Delay House coverKlaxons + Radiohead a ranghi misti, vestiti come vagabondi lungo il ciglio della strada che separa l’asfalto dal deserto. Carovane zingare trasportano suoni speziati, eppure così grezzi ed autentici (vedasi la crepuscolare Aprile), il basso gratta e si sbuccia i gomiti al contatto con il grumoso cemento grigio, mentre cicale elettriche pulsano all’imbrunire in questo viaggio immaginifico verso onde e frequenze alterate. Sto parlando del secondo disco di questa band, che libera da schemi, produce e confenziona un giocattolo interessante e mai e poi mai scontato.
Le percussioni di Levare ricordano lo stile schizoide di Stephen Morris, in uno scendere e risalire bicromatico, nel quale la meccanica del ritmo è resa ancora più artificiale dalla riproposizione di un post-punk dal sapore ’78-’79 con infatuazioni verso la sperimentazione sghemba dei fratelli Casale (scuola DEVO, quindi). La ripetizione spasmodica del brano risulta brillante e sempre fresca, poichè comandata da un approccio semplice ed istintivo che fa pulsare con appettito il piedino sotto la scrivania.
Altri 3 minuti scarsi di attenzione ed ecco che si può assistere all’evoluzione di Eroi, dalle paludi nebbiose digitali al sole stroboscompico, con quanta più dietilamide-25 può sopportare il vostro trip mentale. L’arte pionieristica dei Delay House consente loro ampi margini di manovra artistica, mescolando gli artifizi di una sei corde mescalinica con il carattere forte e deciso del basso che funge sempre da punto cardine per lo sviluppo dei brani di questo disco. Ne è la riprova il titolo Societ … morir …, un dicotomia accesa tra suoni cupi ed acuti, il tutto immerso in uno schema accessibile e tutto sommato pure ballabile.

I rapporti rappresenta la summa distorta di tutto il loro lavoro della band, che apre in maniera più canonica con uno strimpellare da menestrello in acido, facendo digerire senza grossi disturbi una devastante carica di oscurità e di sincero malessere. Fantasmi dell’anima fanno capolino per brevissimi secondi, in un diniego sentimentale pennellato di apparente freddezza e distacco, ma che cela in realtà la vera essenza di una band che ha scelto il chiaroscuro della sperimentazione per farsi notare.

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Stop! Record sito ufficiale

recensito da Gus
 Gus heartofglass

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